Franz Campi

Cosa succederebbe se in una giornata come tante, tra scadenze, lavoro e frenesia, avessimo l’opportunità di riavvolgere il nastro e rivivere alcuni momenti della nostra vita? “Il Sentimento Prevalente, il nuovo album del poliedrico artista bolognese Franz Campi, ci viene in aiuto. Si tratta, infatti, di un tuffo nell’anima, di un divincolarsi tra le riflessioni che, più o meno inconsciamente, tutti noi cerchiamo di evitare. Le canzoni si alternano così una dopo l’altra tra leggerezza, angosce e dispiaceri, fino alla riflessione finale che chiude il percorso. Nonostante spesso pensiamo che siano la paura, l’ansia e altre emozioni negative ad avere la meglio, è sempre l’amore che ci salva: quello per i propri cari, per la vita e per la libertà.

«“È inutile essere un artista se devi vivere come un impiegato”. Mi ripeto spesso questa frase di Paul Newman dal film “La stangata”. Nonostante le incombenze quotidiane, c’è da dire che per fortuna continuo a guardarmi attorno con gli stessi occhi ribelli, disincantati, innamorati e arrabbiati di sempre. E a scrivere canzoni. Credo che tutti dovremmo guardare il mondo così: con disincanto e voglia di ribellarsi, ma anche con riconoscenza, amore ed ironia. Anche se non siamo artisti. Per non farci spegnere e appiattire dalla monotonia e dalle paure».

L’intervista a Franz Campi

Buongiorno Franz, bentrovato su IMusicFun. Come sta?

Buongiorno, sto come tutti: schiacciato da questi tempi complicati, che nessuno pensava di dover affrontare.

In questo preciso istante, qual è “il sentimento prevalente” in lei?

Viviamo sospesi in una bolla piena di ansia e preoccupazioni. Due anni di pandemia, non ancora superata, ed ora una guerra sull’uscio di casa, con il serio pericolo di una terribile escalation. Sul tavolo è stato gettato anche l’incubo del conflitto nucleare. Mi vengono i brividi a ricordare le parole di Albert Einstein: “Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre”.

Il Sentimento Prevalente” è anche il titolo del suo nuovo album, composto da 12 canzoni schiette e sincere, talvolta un po’ dure, ma anche leggere, spensierate e colme di speranza. Qual è stata la scintilla che le ha fatto decidere di trasformare in musica e parole questo quadro, a tratti così drammaticamente attuale?

Sto leggendo in questi giorni l’autobiografia di Paul McCartney. Lui ammette che scrivere canzoni è un po’ come sedersi sul lettino dello psicologo. Senza però dover essere sinceri, aggiungo io. Insomma, è terapeutico. È un espediente per affidare agli altri, nella magia che a volte riesce a produrre una canzone, le nostre auto-analisi e riflessioni. Nel guazzabuglio di emozioni che quotidianamente ci strattonano da ogni parte, la maggior parte di noi tende a mettere in risalto quelle negative e ci abbattiamo mentre le contiamo. Sono veramente tante le difficoltà da affrontare, ma quasi sempre finiamo per sottovalutare quanto di prezioso possediamo: la passione per l’arte, lo sport, la natura, la cultura, la musica e gli animali; l’amore per chi ci sta accanto e la solidarietà verso gli altri, che si esprime in mille gesti e che contribuisce addirittura a tenere in piedi il nostro sistema di welfare nazionale.

Com’è il mondo visto dagli occhi di Franz Campi? Se le venisse data l’opportunità di cambiare una sola cosa della nostra società, cosa sceglierebbe di modificare?

Sono appassionato di storia. Mi piace leggere per cercare di capire di più. Libri, fumetti, saggistica, ma anche cinema. Nella moltitudine di eventi, quando si entra empaticamente in un racconto, nella “pelle” di altri, ecco che si vivono altre vite. Ci si rende conto di quanto tutto possa essere sublime o dolorosissimo. È una lotta quotidiana tra le specie viventi, ma soprattutto tra noi uomini. Quello che mi piacerebbe eliminare è proprio la guerra.

Quali sono, a suo parere, le nostre armi contro tutti quei sentimenti negativi che proviamo quotidianamente e che ci fanno sprofondare?

Io mi guardo bene dal proporre ricette. Ho solo tanti dubbi. Come dicevo prima, possediamo tante cose fantastiche. È meglio non concentrarci troppo sulle mancanze. Se proprio mi chiede un consiglio, allora mi affido alle parole dell’inventore di Snoopy: “Tutto ciò di cui hai bisogno è l’amore. Ma un po’ di cioccolato ogni tanto non fa male”. Però, come avrà notato, c’è una cosa che riesco a fare ogni giorno: ridere. L’ironia è la mia piccola ricchezza. È la difesa alla violenza verbale, ai dogmatismi e ai dispiaceri.

Lei crede ancora nel potere delle canzoni?

Tantissimo. Sono una benedizione. Dietro brani come “Biko” di Peter Gabriel si è sviluppata la lotta all’apartheid sudafricano. E poi anche gli U2, i Simple Minds, i Santana e tanti altri. Loro hanno offerto un importante contributo. La musica, insieme ai libri e al cinema, ha contribuito ad aprire tanti cuori, a posare pietra su pietra nella lotta al razzismo. E ora il Sudafrica è una nazione multicolore. Sia chiaro: la musica non trasforma un fanatico in qualcosa di diverso, ma sollecita le coscienze degli indecisi, di quelli che in silenzio seguono il trend imperante in quel determinato momento storico. Una canzone che sa emozionare e tratta temi “difficili” e scomodi può seminare tanti granelli di sabbia nei poderosi motori dell’ingiustizia e del potere.

In questo suo nuovo album omaggia due grandi artisti: Federico Fellini e Chagall. Di queste due figure cosa l’ha colpita così tanto da spingerla a dedicar loro due canzoni?

Federico Fellini era un visionario. Ce ne sono milioni al mondo, ma lui i sogni (anche grazie a straordinari poeti e scrittori come Tonino Guerra, Zavattini e Ennio Flaiano) li mescolava ai più dolci dei ricordi, in un continuo viaggio introspettivo alla ricerca di significati. E con la sua maestria professionale, li condivideva con noi, regalandoci bellezza e oniriche capriole che ancora oggi ci affascinano. Chagall invece rappresenta la fiaba, il trionfo dell’amore sul dolore, il piccolo uomo che riesce a far volare violini, pecore e persone al di sopra dell’insensatezza e della violenza del mondo. Abbiamo tanto bisogno di arte.

Mentre Sprofondi e Bruci” custodisce una riflessione molto interessante. Ce ne può parlare un po’ più nel dettaglio? A cosa si è ispirato nello scrivere questa canzone?

Mi sono ispirato al discorso che David Foster Wallace tenne al conferimento delle lauree del Kenyon College e che poi è stato inserito nella sua raccolta di brevi racconti “Questa è l’acqua”. Mi ha affasciato una sua riflessione, secondo la quale le realtà più ovvie sono spesso anche le più difficili da vedere, proprio perché ci siamo immersi dalla nascita, come i pesci nell’acqua. Occorre guardarci dentro alla vita, soprattutto a una certa età. Allenarci a pensare e svincolarci dalle convenzioni dell’individualismo e del consumismo.

Lettera di un Condannato a Morte della Resistenza” parla invece, come si intuisce già dal titolo, dei partigiani. Eppure, è ancora così attuale: “La vita adesso se ne va, ma tornerà la libertà. La guerra sì che finirà”. Oggi, cosa prova riascoltando questa canzone?

Questo brano è rimasto in un cassetto per tanto tempo. L’avevo scritto insieme a Daniele Furlati: autore, insieme a Marco Biscarini, delle musiche del pluri-premiato film di Giorgio Diritti “L’uomo che verrà”, che racconta della strage di Marzabotto nella Seconda Guerra Mondiale. Ho voluto farlo ascoltare a tutti perché, in questi due anni di pandemia mondiale e di severe misure che siamo stati costretti ad adottare per non vedere ulteriormente moltiplicato il numero delle vittime, qualcuno straparlava di “dittatura sanitaria”. La canzone è dunque uno struggente omaggio a chi ha donato la propria vita per la libertà, quella vera. La stessa libertà che oggi è negata in un Paese, per esempio, che invade una Repubblica Democratica e non ammette il dissenso interno.

Il 4 marzo abbiamo ricordato Lucio Dalla nel giorno del suo compleanno. C’è un aneddoto o un frammento di vita che lo lega all’artista e che custodisce gelosamente?

Era un dannato bugiardo. Una volta, a pranzo, io e Marco Alemanno eravamo d’accordo nel ritenere Fabrizio De André il più importante cantautore italiano. Lui fece spallucce e sminuì in modo assoluto il suo valore. Dopo un paio di mesi Fabio Fazio dedicò a Faber una puntata intera di “Che tempo che fa”. Accesi la TV e chi apriva le danze? Lucio che cantava, con Marco Alemanno ai cori insieme a Iskra Menarini, “Don Raffaè”. Insomma, non c’era molto da fidarsi di lui… Ad ogni modo, lo reputo il più grande artista italiano di sempre nel mondo della canzone. Proprio domenica scorsa ho visitato la mostra a lui dedicata a Bologna. Ho letto tutto quello che hanno scritto su di lui. Frequento tanti suoi amici e collaboratori. Ed ho finito anche per raccontarlo nei miei percorsi di “Urbantrekking”, in cui illustro al pubblico la “Storia della Musica” a Bologna. Adoro Lucio. Una voce, una musicalità e delle canzoni che rimarranno patrimonio dell’umanità per sempre.

Franz, io la ringrazio per essere stato qui con noi. Buona musica e buona vita!

Grazie. Anche a voi!