Gabriele Baldocci

La nostra intervista a Gabriele Baldocci in occasione dell’uscita in formato fisico e digitale di “Ageless”, progetto composto da undici brani per piano solo, anticipato dall’omonimo singolo dedicato alla memoria dell’amico e artista Ezio Bosso.

Approfondiamo la conoscenza di Gabriele Baldocci, la cui musica intrisa di eclettismo e innovazione, sfida i confini dei generi musicali convenzionali, creando un’esperienza sonora unica che riflette la sua energia, il suo virtuosismo, e la sua sofisticata formazione classica ma anche la sua fantasia e capacità di creare immagini e di toccare le emozioni di chi lo ascolta.

Intervista a Gabriele Baldocci

Ciao Gabriele, piacere. Partiamo da “Ageless”, da quali stati d’animo ti sei lasciato trasportare nella fase di creazione di questo tuo nuovo album di inediti?

«Nel creare “Ageless”, mi sono lasciato trasportare da una gamma di emozioni profondamente personali. La nostalgia, la contemplazione, la gioia e l’affetto hanno tutte giocato un ruolo cruciale, permettendomi di esplorare differenti sfaccettature del mio vissuto – che poi è il vissuto di tutti noi – e di trasmetterle in musica. Ma è soprattutto il tempo, e la relatività della percezione in cui esso trascorre, ad essere il pensiero ricorrente di tutto l’album».

Come si è sviluppato il processo creativo di questi undici brani e che ruolo assume l’ordine della tracklist sull’ascolto finale?

«Il processo creativo di “Ageless” è stato un viaggio introspettivo. Ho cercato di catturare l’essenza di ogni emozione e ricordo, cercando poi di mettere tutto in sequenza, raccontando una storia unica grazie all’ordine dei brani. La sequenza è studiata per guidare l’ascoltatore attraverso un percorso emotivo che si sviluppa e si trasforma, creando un’esperienza d’ascolto coesa e immersiva».

Hai dedicato l’omonimo singolo apripista a Ezio Bosso, che ricordo conservi di questo grande artista?

«La dedica a Ezio Bosso è un tributo a un artista straordinario e un uomo di grande ispirazione. Conservo ricordi di scambi epistolari intensi, nei quali ho potuto apprezzare la sua profondità artistica e umana. La sua musica e il suo spirito vivono in “Ageless”, che cerca di cristallizzare in musica l’idea di un tempo senza tempo, in cui vive eternamente la bellezza di coloro che ci hanno lasciato troppo presto».

Qual è l’aspetto che più ti affascina nella fase di composizione?

«La fase più affascinante della composizione è la trasformazione di emozioni e pensieri – talvolta assai tenui – in musica tangibile. È un processo quasi alchemico in cui sentimenti intangibili diventano melodie e armonie, creando qualcosa di etereo e potente allo stesso tempo».

Quali ascolti hanno accompagnato e influenzato la tua crescita artistica?

«La mia crescita artistica è stata accompagnata da un’ampia varietà di generi musicali. Dai grandi maestri della musica classica ai grandi del rock, ogni ascolto ha lasciato un’impronta sulla mia espressione musicale e mi ha aiutato a sviluppare un linguaggio che trascende il concetto di genere musicale. Beethoven ricopre sicuramente un ruolo centrale nella mia formazione, e Schumann è da sempre vicino al mio cuore. Sono un grandissimo amante del rock, essendo cresciuto con le musiche dei Queen, dei Beatles e del progressive. Gruppi come i King Crimson, i Genesis, i Gentle Giant, gli Yes, i Pink Floyd, i Dream Theatre ed i Porcupine Tree ci hanno dimostrato come il confine tra generi musicali possa essere in realtà abbattuto con grande classe. Amo, inoltre, Keith Jarrett ed i grandi maestri del jazz come Oscar Peterson e soprattutto Erroll Garner». 

Quanto contano per te la dimensione live e il contatto per il pubblico?

«La dimensione live è fondamentale. Il contatto diretto con il pubblico e la condivisione di un’esperienza musicale in tempo reale è una componente essenziale della mia vita artistica. Il palcoscenico è il mio elemento naturale e, data l’importanza che per me riveste l’improvvisazione, è durante le mie performance dal vivo che l’energia che mi trasmette il pubblico si traduce in un messaggio musicale dal senso compiuto».

Se dovessimo tradurre la tua musica in uno stato d’animo, sempre ammesso che sia possibile, come la descriveresti?

«Se dovessi descrivere la mia musica in termini di stato d’animo, direi che è un intreccio di riflessività e passione. È una musica che invita all’introspezione, ma anche a vivere ed esprimere pienamente le proprie emozioni».

Per concludere, qual è la lezione più importante che senti di aver appreso in tutti questi anni di musica?

«La lezione più importante che ho appreso è che la musica può veramente mettere in contatto le persone al di là delle barriere culturali e personali. È un mezzo potente per esprimere e condividere la nostra umanità comune che, mai come oggi, è necessaria per far risplendere il mondo di bellezza».

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