La nostra intervista ai Tropea, in occasione dell’uscita dell’album “Serole”, fuori per peermusic ITALY e Artist First a partire dallo scorso 12 gennaio.
Si tratta del primo disco del gruppo che abbiamo notato nel corso della 16esima edizione italiana di X Factor, dove hanno avuto modo di farsi conoscere al grande pubblico con l’inedito “Cringe inferno“.
A ridosso dell’uscita di questo progetto, i Tropea saranno protagonisti di un tour nei club (qui il calendario con tutte le date), toccando le principali città italiane.
Intervista ai Tropea
“Serole” è il titolo del vostro primo album, come si è svolto il processo creativo di questo progetto?
«Più o meno dal 2017 in poi, almeno una volta all’anno ci siamo recati a Serole, in questa casa isolata in mezzo al verde, per fare una sorta di ritiro creativo e al contempo ricreativo. Diciamo che l’80%
della nostra produzione è nata lì, così abbiamo voluto usare come titolo il nome della località, cosa che ci è capitata di fare con il nostro nome d’arte, ma in precedenza anche con la canzone “Gallipoli”, tutti luoghi che abbiamo nominato e che avevano un valore simbolico e non un reale, a differenza appunto di “Serole”».
Cosa avete avuto urgenza di raccontare? C’è un filo tematico che unisce queste dieci tracce?
«A livello testuale, in realtà, tutte le canzoni sono legate a questo nostro spontaneo e genuino modo di agire, mantenendo lo spirito iniziale a partire dalle lingue in cui sono state scritte, in particolare in italiano e in inglese. Quindi questo processo di rispetto verso gli stessi brani è forse la cosa che più li lega. Di tematiche ce ne sono tante, insomma, ma di base c’è sempre questa specie di malinconia e c’è l’imbarazzo di vivere, che ben abbiamo anche descritto anche in passato».

Quella live è da sempre la vostra dimensione e a breve potrete dare sfogo a questa vostra
attitudine con il Serole Tour. Che tipo di spettacoli dobbiamo aspettarci?
«Sarà un live un po’ diverso da quelli che abbiamo realizzato in passato, intanto tra le novità c’è un disco appena uscito da presentare, quindi già di base ci sono un sacco di canzoni nuove da suonare. Poi ci saranno arrangiamenti diversi rispetto al solito, sarà molto impegnativo per noi, speriamo che il pubblico possa apprezzare. L’idea è anche quella di realizzare spettacoli differenti, cambiando le canzoni in scaletta. Ci stiamo impegnando con le prove e non vediamo l’ora sbizzarrirci dal vivo».
Per concludere, quali elementi e quali caratteristiche vi rendono più soddisfatti di un disco come “Serole”?
«Siamo pienamente soddisfatti del lavoro svolto, di come ci siamo mossi, anche se questo dovesse essere l’unico disco dei Tropea. Siamo tutti d’accordo del fatto che “Serole” è un disco che ci rappresenta al 100%, in cui non abbiamo dovuto fare nessun tipo di compromesso, di conseguenza è un progetto che ascolteremmo volentieri anche se non l’avessimo fatto noi. In un’epoca di singoli come questa, un album rimane comunque una pietra miliare, un lavoro importante. Un lavoro di cinque anni fatto da quattro ragazzi che hanno voglia di fare musica».
Videointervista ai Tropea
Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte di raccontare. È autore del libro “Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin” (edito D’idee), impreziosito dalla prefazione di Amadeus. Insieme a Marco Rettani ha scritto “Canzoni nel cassetto”, pubblicato da Volo Libero e vincitore del Premio letterario Gianni Ravera 2023.
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