Anticipato dai singoli “Restiamo Umani“, “Tali e Squali“, “Ribelli Altrove“ e da un lungo tour nell’estate del 2021, “Dove sono finiti tutti?” è il nuovo album di inediti del trio trentino The Bastard Sons of Dioniso.
Otto tracce di puro rock in perfetto stile Bastard, in cui il suono giunge denso e carico di energia ad abbracciare le tre voci del gruppo, sempre armonizzate con cura. In uscita in digitale e in formato Vinile, l’album è concettualmente pensato in due lati: un side A in cui a farla da padrone è un’ambientazione sognante e marina e un side B in cui regna la dimensione dell’altrove.
All’uscita del labirinto, il trio della Valsugana si pone dunque la domanda se al prossimo concerto:
- a) ci sarà qualcuno giù dal palco;
- b) ci sarà qualcuno sopra al palco.

Intervista ai The Bastard Sons of Dioniso
Ciao ragazzi, bentrovati su IMusicFun. Come state?
Ciao, qui tutto bene! Grazie.
Prendo in prestito il titolo del vostro nuovo album di inediti per chiedervi: Dove sono finiti tutti?
È una domanda alla quale abbiamo appena cominciato a rispondere. In particolare, abbiamo iniziato a farlo con l’uscita del nuovo album e l’inizio degli eventi live. Per ora possiamo dirvi che quelli che abbiamo trovato sono belli carichi, con una gran voglia di recuperare le feste perse negli ultimi due anni.
L’album è concettualmente pensato in due lati: un side A e un side B. Quali sono le principali differenze tra queste due parti e cosa vi ha spinto a compiere questa scelta, che potremmo definire un po’ “vintage”?
Questo disco è nato per essere stampato su vinile, il supporto che per ora si è dimostrato più resiliente e a misura d’ascolto più adatto. Quindi, il fatto di avere i due lati è diventata una necessità. Come sempre, per noi, ogni album dovrebbe essere ascoltato nell’ordine in cui è stilato, come in un unicum sonoro. Già leggendo i titoli il risultato è lampante agli occhi dell’osservatore. Le due facce sono caratterizzate da diverse ambientazioni, un involontario concept. Il lato A parla di un nostro viaggio (ma forse anche del vostro) metaforicamente marittimo: di odissee e sirene, di squali, di isole e di tesori nascosti. Il lato B, invece, è più antropologico e ancora più profondo. Il percorso si infittisce nella complessità dell’essere, o restare, umano.
C’è a vostro parere un fil rouge che lega tra loro questi due lati e, di conseguenza, le 8 tracce?
Indubbiamente c’è sempre un riferimento al nostro percorso e a quell’equilibrio sempre più difficile da mantenere: tentare di dedicare la propria vita alla musica, sempre in bilico fra grandi soddisfazioni e momenti di incertezza, che negli ultimi due anni di pandemia si sono dimostrati decisamente più concreti. Nel nostro modo di scrivere speriamo sempre di poter far immedesimare l’ascoltatore nelle frasi che cantiamo e nelle immagini che creiamo, per renderle proprie, legate alle esperienze personali.
L’album si chiude con “È l’ora” e voi cantate: “Se alla fine si potesse rimediare, quanti sbagli che di nuovo rifarei”. Ce ne dite uno? Poteste tornare indietro, non cambiereste davvero nulla?
“È l’ora” è ispirata alla salita realizzata dall’alpinista Thomas Franchini sulla parete est del Lamo She in Cina. Si è tramutata in una metafora della vita e del percorso che a prescindere dalle nostre scelte percorriamo. Il caso, l’errore e le scelte portano ad un ignoto che dobbiamo affrontare. Il percorso è più duro in discesa che in salita e alla fine tutto ciò che ci ha portati fino ad ora, compresi gli errori, sono ciò che siamo. Quindi bisogna perdersi, altrimenti non ci si troverà mai. Tutti siamo il frutto del passato e non potremmo essere tali senza avere sbagliato e sbagliato di nuovo. L’obiettivo non è arrivare in cima, ma ritornare alla base sani e salvi, con qualcosa da raccontare.
Qual è il tesoro di cui parlate nella seconda traccia dell’album? L’avete più trovato là?
Il tesoro che stiamo cercando è l’essenza stessa di ogni essere umano. Un tesoro, che oltre ogni dubbio, spinge ognuno di noi ad essere. Una scintilla che pare scontata, ma che è l’unica iniezione. Anche qui, chi ascolta, sicuramente nel profondo nasconde quel tesoro, magari segreto, che può essere un buon motivo per svegliarsi la mattina, ricercare, crescere e migliorare. Un progetto che ci tiene in vita, un amore a cui non possiamo rinunciare.
Ci parlate della cover grafica di “Dove sono finiti tutti?”
La copertina è una fotografia di noi tre seduti ad un tavolo intenti a praticare l’antichissima arte dei suffimigi. Di chiara ispirazione pandemica, rappresenta il nostro operato durante il lockdown. Ci siamo presi cura della nostra musica, riversando tutta la carica dei live che non abbiamo potuto fare nell’attività di studio con l’obiettivo di tornare più forti di prima.
L’8 aprile è iniziato il tour di presentazione di questo vostro nuovo album. Com’è il bilancio di queste prime date live? Cosa deve aspettarsi chi verrà a trovarvi il 20 maggio a Pomigliano D’Arco o il 21 maggio a Taranto?
Questi primi concerti di presentazione del disco ci hanno portato a ritrovare una delle ambientazioni che preferiamo per i nostri concerti: i Live Club. Buio, fragore e calore sono parte integrante dello spettacolo ed è stato come ritornare a casa dopo molto tempo. Nelle date del 20 e 21 maggio troverete tutto il nuovo disco, accompagnato da una selezione di brani tratti dai nostri dischi precedenti e qualche cover che vogliamo proprio farvi sentire. È da molto tempo che non scendiamo al sud e siamo davvero gasati. Vi faremo vibrare le budella.
Grazie per essere stati qui con noi. In bocca al lupo per tutto e buona musica!
Grazie a voi!


Classe 1998, negli ultimi 4 anni ha collaborato con diverse emittenti radiofoniche. Di notte recensisce musica, di giorno ne parla con gli artisti. Nostalgica ed empatica, scrive spesso nei giorni di pioggia. La musica? Un ricordo senza origine che ha ribaltato ogni prospettiva.
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