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Il mondo del jazz piange Jack DeJohnette, tra i più grandi e influenti batteristi del Novecento. La notizia della sua scomparsa, riportata da Clash Music e confermata da colleghi come Marvin “Smitty” Smith e Ulysses Owens Jr., segna la fine di un’epoca per la musica contemporanea.

Nato a Chicago il 9 agosto 1942, DeJohnette ha saputo unire il groove dell’R&B con l’audacia del jazz d’avanguardia, diventando una figura chiave nella nascita della fusion, il genere che mescolò jazz, rock e psichedelia. La svolta arrivò a New York, quando Miles Davis lo volle al suo fianco al posto di Tony Williams. Con lui registrò il leggendario “Bitches Brew”, l’album che riscrisse la storia del jazz.

Durante la sua lunga carriera collaborò con giganti come Chick Corea, John McLaughlin, Keith Jarrett e Herbie Hancock, incidendo per etichette storiche come CTI ed ECM. Come leader, firmò lavori di grande profondità spirituale, tra cui Music for the Fifth World, ispirato alle sue origini Crow e Seminole.

L’eredità di un maestro

Considerato da Jazz Dispensaryuno stregone del ritmo”, DeJohnette ha ridefinito il ruolo della batteria, trasformandola in uno strumento narrativo e poetico, capace di creare mondi sonori e raccontare emozioni.

La sua scomparsa lascia un vuoto immenso, ma la sua musica continuerà a vivere, testimone di un talento senza tempo e di un’anima che ha saputo fondere tecnica, spiritualità e libertà creativa come pochi altri nella storia del jazz.

Foto Oliver Abels, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

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