Neri Marcorè Camogli

Garbo, empatia e una sconfinata conoscenza della musica italiana e oltre confine: Neri Marcorè è stato la ciliegina sulla torta del Festival della Comunicazione di Camogli, chiamato a chiudere la kermesse domenica 15 settembre con un concerto di due ore, intervallato da racconti e aneddoti.

“È il quarto anno consecutivo che ci sono, ormai abbiamo fatto l’abbonamento, mi daranno la cittadinanza onoraria”, ha scherzato all’arrivo sul palco, accolto da un’ovazione. Tutto sold out per il concerto del poliedrico artista marchigiano (attore, doppiatore, regista, imitatore, conduttore, oltre che cantante e musicista) che lo scorso anno fu insignito del Premio Comunicazione.

“Saluto anche chi ci sta seguendo in streaming, so che siete milioni”, ha anche aggiunto con un sorriso. Il concerto infatti, trasmesso da LA7 sui suoi canali live, è visibile anche sul sito ufficiale del Festival.
La prima metà l’ha dedicata De Andrè, la seconda, variegata, ha visto diversi brani tratti dallo spettacolo “Le mie canzoni altrui”.

A condividere il palco c’erano tre virtuosi della musica: Domenico Mariorenzi (buzuki, chitarra classica e acustica, piano, armonica), “praticamente uno svuota cantine” – ha scherzato NeriChiara di Benedetto al violoncello e Anaïs Drago al violino.

La scaletta si è aperta con “Fiume Sand Creek”, “dedicata alla libertà. La puoi tagliare a pezzetti, soffocarla, reprimerla, ma la voglia di essere liberi supera ogni tirannia o dittatura, come dice lo stesso Faber”.

Subito dopo ha intonato “Anime salve”, e “Hotel Supramonte“, nata dopo il drammatico sequestro di Fabrizio e Dori Ghezzi. “Adesso cantiamo in genovese, so che qui se sbagli una “o” mi bacchettate, ma proviamo lo stesso”, e poi è partita l’emozionante “Creuza de mä”.

Il tema del Festival 2024 è “Speranze”, a proposito del quale Marcorè, prima di intonare “La guerra di Piero”, ha commentato: “ognuno ne nutre una per sè, ma ce n’è una generale, ovvero che tutte le guerre possano finire. Gino Strada diceva: un tempo anche l’abolizione della schiavitù sembrava un’utopia”.

La seconda parte del live è stata inaugurata da “La realtà non può essere questa” scritta dai fratelli Bennato (Eugenio ed Edoardo) sul periodo del lockdown, dove si viveva immersi nella virtualità.

Quindi è stato il turno di una vera e propria poesia in musica, “You can close your eyes” del celebre cantautore country James Taylor.

Poi, un’altra battuta: “Da qualche anno Ivano Fossati non fa concerti e mi ha chiesto di sostituirlo. Se dovessi scegliere parlando di 45 giri, mi piace prendere i lati B, le canzoni meno conosciute, come “L’orologio americano”. O come la prossima, “L’animale”, del grande Franco Battiato”.

Dopo un altro excursus internazionale (da Aznavour a Gabriel), Neri Marcorè ha chiuso la performance al Festival della Comunicazione di Camogli con due brani di Francesco De Gregori, “Il cuoco di Salò” e “La storia”.

Ma ovviamente, dopo i fugaci saluti, il pubblico ha chiesto il bis. Neri è tornato sul palco con un “grazie, siete insaziabili” e ha concluso con una triade: “Di aratro e di arena” di Niccolò Fabi, “Preferisco così” di Gianmaria Testa (“un cantautore scomparso troppo presto e più noto all’estero che in Italia”) e “C’è tempo” di Fossati.

La vita ci mette di fronte a molte difficolta, spesso pensiamo di non superarle, ma poi arrivano persone o aiuti inaspettati e ci viene da sorridere anche se ci sembrava di avere davanti una montagna. Finche c’e’ tempo c’e’ speranza”.

L’undicesima edizione del Festival della Comunicazione di Camogli (diretto da Danco Singer e Rosangela Bonsignorio) si chiude con un boom di presenze: oltre 160 ospiti, 45.000 spettatori dal vivo, un milione di collegamenti online.

Articolo di Vesna Zujovic