Paolo Rossi, attore, comico e cantante, in un’intervista rilasciata a La Stampa, si scaglia contro la comicità politicamente corretta. Un genere nel quale non si riconosce.
L’artista, più volte bandito dalla televisione per comportamenti un po’ troppo sopra le righe, ricorda i tempi del Derby. Decisamente un altro momento storico.
“Una sera uno spettatore mi spianò in faccia la pistola: non lo facevo ridere. Dopo quell’episodio, cosa vuoi che sia? Per altro erano anni che noi, prima dello spettacolo in certi locali, ci si diceva: “tieni la macchina in caldo e il motore acceso”, che non si sapeva mai come poteva finire. Ma come ho sempre detto: meglio dal vivo che dal morto.”
Paolo Rossi contro la comicità politicamente corretta
Paolo Rossi, due volte in gara al Festival di Sanremo, ammette, attacca e rilancia.
“Son tempi duri questi che viviamo. Ho vissuto il periodo d’oro (e quello nero) della satira per via delle censure vissute sulla mia pelle. Ma di fare la vittima non mi va. Sono basso di statura ma non vado dall’Annunziata a piangermi addosso. Più la tv mi bandiva, più i teatri si riempivano. E per me non c’è niente di meglio del pubblico dal vivo: il teatro è luogo di vere relazioni sociali e interazioni. Anzi dirò di più: è un genere di conforto laico di cui c’è assoluto bisogno.”

Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello” e nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia”.
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