Alex Britti interviene sul tema dei falsi sold out, criticando le scorciatoie nel mondo della musica e difendendo la scelta di suonare con coerenza.
Il dibattito sui falsi sold out continua ad animare il mondo della musica italiana. Dopo le dichiarazioni polemiche di Federico Zampaglione, anche Alex Britti ha deciso di dire la sua, puntando il dito contro certe dinamiche che si celano dietro ai grandi numeri annunciati con enfasi da artisti e promoter. E lo fa con la franchezza di chi ha vissuto l’industria musicale da dentro, scegliendo però una strada diversa.
Durante un incontro con la stampa in vista del suo concerto alle Terme di Caracalla (Qui il link per l’acquisto dei biglietti), il cantautore romano ha raccontato un retroscena significativo:
“Non faccio nomi, ma tanti anni fa mi fu proposto di fare un tour nei Palasport al quale dissi di no. Se il Palasport non lo riempi, allora ti fai male e poi devi fare 30 concerti gratis per ripagare le varie agenzie. A me non va di suonare gratis”.
Per Britti, fare musica significa suonare, non ostentare:
“Il mio mestiere è questo, non fare finta di riempire stadi. Ci sono artisti che vanno negli stadi senza avere le spalle larghe. E le conseguenze, prima o poi, arrivano”.
Sulla scia delle parole di Zampaglione, che aveva denunciato i meccanismi “gonfiati” di certi eventi musicali, Britti ha aggiunto:
“Piace l’idea dello stadio pieno, ma bisogna saper dire di no. Le scorciatoie non pagano, nemmeno nella musica”.
L’artista ha voluto però precisare di non incolpare il sistema:
“Nessuno ti obbliga, è una scelta. Ma è una scelta rischiosa”.
Una riflessione lucida che mette al centro la sostenibilità artistica e personale, in un panorama musicale sempre più ossessionato dai numeri e dalla spettacolarizzazione.
Quella di Britti è una voce che stona — volutamente — nel coro del successo a tutti i costi. Preferisce il palco a misura d’uomo, il rapporto sincero con il pubblico, la musica suonata davvero. In un’epoca di live pompati e biglietti regalati per riempire spazi, il suo messaggio è chiaro:
“Meglio suonare per meno gente che svendere la propria arte. I sold out non sono tutto”.
E forse, in tempi di illusioni perfette e social sempre accesi, è proprio questo il messaggio più autentico.

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