JJ

Dopo aver sollevato il trofeo dell’Eurovision Song Contest 2025, JJ ha deciso di parlare senza filtri, anche della situazione di Israele. Il cantante lirico austriaco, vincitore dell’edizione di Basilea con la sua “Wasted Love”, ha rilasciato dichiarazioni forti al quotidiano spagnolo El País, toccando temi politici, sociali e organizzativi. Primo fra tutti, la presenza di Israele in gara.

“È molto deludente vedere Israele ancora partecipare alla competizione,” ha dichiarato JJ.
“Mi piacerebbe che l’Eurovision si tenesse a Vienna l’anno prossimo, ma senza Israele. Però la palla è nelle mani dell’EBU. Noi artisti possiamo solo far sentire la nostra voce.”

Le parole di JJ si uniscono a quelle di Nemo, vincitore svizzero del 2024, e di decine di altri artisti che già prima dell’edizione 2025 avevano firmato una lettera aperta per chiedere l’esclusione dello Stato israeliano. Secondo i firmatari — tra cui anche Blanca Paloma (Spagna) e Montaigne (Australia) — la partecipazione di Israele “normalizza e ripulisce crimini documentati” e mina l’integrità morale dell’evento.

La questione è diventata ancora più spinosa dopo che un’inchiesta del network Spotlight dell’EBU ha rivelato come un’agenzia israeliana legata al governo abbia orchestrato una campagna digitale per influenzare il televoto a favore della propria rappresentanza. Israele, infatti, ha vinto il televoto del 2025, classificandosi poi secondo dietro JJ.

Il cantante austriaco ha anche lanciato un appello per riformare il sistema di votazione:

“L’Eurovision ha bisogno di cambiamenti nel sistema di voto. Ci vuole maggiore trasparenza. Quest’anno tutto è sembrato molto strano.”

Le sue parole si aggiungono alle perplessità espresse da emittenti come RTVE (Spagna), RÚV (Islanda), VRT (Belgio), Yle (Finlandia) e RTÉ (Irlanda), che hanno chiesto controlli sui voti ricevuti e messo in discussione la possibilità di esprimere fino a 20 preferenze per spettatore, un meccanismo che, secondo molti, apre la porta a campagne coordinate e pressioni politiche.

Dichiaratamente queer, JJ ha voluto ribadire anche l’importanza della rappresentanza LGBTQ+:

“Userò questa enorme piattaforma che è l’Eurovision per difendere i diritti della comunità queer e garantire più uguaglianza. Purtroppo, l’Europa sta tornando indietro su questo fronte.”

Un messaggio che ha cercato di rendere visibile anche durante la finale, tentando di portare sul palco la bandiera arcobaleno, vietata dal regolamento di quest’anno, che ha consentito solo le bandiere nazionali:

“Ho provato a nasconderla nella tasca dei pantaloni, ma mi hanno scoperto. Poco prima di salire sul palco mi hanno detto: ‘Non è la bandiera del tuo Paese, non puoi mostrarla’. Quasi ci riuscivo.”

JJ è il primo vincitore dell’Eurovision di origine asiatica, nato da madre filippina e padre austriaco. Dopo un’infanzia trascorsa a Dubai, il ritorno a Vienna è stato per lui fondamentale per vivere pienamente la sua identità:

“È solo tornando a Vienna che ho capito cosa vuol dire vivere più liberamente da persona queer.”

Ha inoltre ricordato l’influenza che su di lui hanno avuto Conchita Wurst e Nemo:

“Sono stati entrambi modelli di rottura. Durante le semifinali, venivo spesso paragonato a loro e l’ho preso come un buon segno. Anche se, in realtà, io e Nemo siamo diversi: la mia canzone è musica classica con elementi moderni, la loro è moderna con tocchi classici.”

Con la vittoria in tasca e lo sguardo rivolto al futuro, JJ si prepara ora ad accogliere l’Eurovision 2026 nella sua Vienna; ma prima, l’EBU dovrà affrontare questioni cruciali: dalla partecipazione di Israele al sistema di voto, passando per la libertà d’espressione. E JJ, da vincitore e voce della comunità, promette di farsi sentire.

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