La nostra intervista a Mr Rain, all’anagrafe Mattia Belardi, in occasione dell’uscita del suo quinto album in studio intitolato “Pianeta di Miller”, disponibile negli store digitali e tradizionali da venerdì 1° marzo.
Il disco, anticipato dal singolo “Due altalene” (qui la nostra recensione) presentato a Sanremo 2024, contiene alcuni pezzi già pubblicati come “Supereroi”, “La fine della mondo” con Sangiovanni e “Un milione di notti” con Clara, più sei brani inediti.
In attesa dell’instore tour, a cui seguiranno a novembre i concerti nei palazzetti, abbiamo incontrato l’artista bresciano per approfondire la conoscenza di questo nuovo progetto.
Intervista a Mr Rain
“Pianeta di Miller” è un disco diverso dai precedenti perché non segue un concept, né tematico né sonoro, in tal senso esplora mondi differenti e credo che anche a questo si debba un po’ la citazione presa in prestito dal film “Interstellar” di Christopher Nolan. Partendo dal titolo, che senso attribuisce per te a questo disco?
«Come hai già detto, la reference è quella di “Interstellar”, uno tra i miei film preferiti in assoluto. Nel racconto, il pianeta in questione è completamente composto d’acqua, quindi è completamente in linea con il mio “personaggio”, quindi con Mr Rain che scrive solo quando piove. Spesso mi sono sentito come Cooper, il protagonista, in una dimensione in cui il mondo va a una velocità totalmente opposta alla mia: sentirmi proiettato nel futuro o nel passato e non riuscire a godermi ogni traguardo, ogni momento, ogni legame, ogni rapporto».
Un’altra particolarità di questo mondo è che ogni ora trascorsa equivale a sette anni sulla Terra. Se vogliamo un concetto del tempo simile a quello della settimana di Sanremo, dal quale sei reduce. Qual è il tuo personale bilancio di questo tuo secondo Festival?
«È stato molto bello ed emozionante, la mia vera sfida era riuscire a contenere tutte le sensazioni che mi provocava cantare “Due altalene” su quel palco. Si tratta di una canzone che raccoglie al suo interno tantissime storie importanti, al punto che non è stato facile da cantare. Anche scriverla è stato sicuramente molto duro, un processo che è durato tantissimi mesi. Alla fine ero veramente contento, perché non sono tornato a Sanremo per scalare le classifiche di vendita, ma per onorare tutte queste persone che hanno voluto confidarsi con me. Questo è stato l’unico motivo e sono felice perchè anche altra gente mi sta scrivendo, tantissime persone nuove mi stanno raccontando altre storie e questo ha cambiato la mia visione della musica, ho capito che posso essere utile a qualcuno. Ho trovato il mio scopo, il mio ruolo nel mondo».
Una delle prime caratteristiche che emergono di questo progetto è l’organicità espressa dal suono, perché questo è un disco perlopiù suonato, tra l’altro in alcune parti anche da te. Che tipo di lavoro c’è stato dietro la scelta stilistica del sound?
«Ho cercato di sperimentare, dare spazio al divertimento come quando ho cominciato a fare musica. Negli anni ho voluto sempre più cibare questa mia fame di creatività, sperimentando pur mantenendo sempre la mia penna. Ho scelto di viaggiare su stili musicali diversi, come unico filo conduttore c’è la scelta di realizzare un disco suonato al 100%, anche perché sono proiettato nella visione dei miei prossimi live nei palasport che partiranno a novembre. Sto già pensando di ampliare la mia band, voglio portare veramente un suono organico perché ogni strumento ha un’anima e ogni musicista ha un’anima gigantesca che arricchisce ogni singola canzone».
Questo è un disco ricco di dediche, ad esempio “Figli della notte” è rivolta ai tuoi fan, mentre “Paura del buio” e “Sempre un po’ di te” al te stesso di tanti anni fa. A livello tematico, questo è un album che si rivolge tanto agli altri quanto a Mattia, potremmo considerarlo in egual misura sia un disco corale che un disco personale?
«Ho cercato di dare un contributo anche a chi ha vissuto situazioni molto simili a quelle che ho vissuto e percepito io, quindi è veramente a metà, al 50% corale e al 50% personale. Tra l’altro, “Figli della notte” è la canzone che ho spoilerato in anteprima al Forum di Assago, una dedica che ho fatto a tutte le persone che vengono a vedermi e ascoltarmi dal vivo. Non voglio che un mio concerto sia una sorta di karaoke di canzoni, ma desidero che diventi un evento, un’esperienza, un modo per sentirci veramente vicini. Così ho voluto fare questa dedica a tutte le persone che mi hanno aiutato e supportato in questi anni».
Il tema principale di “Supereroi” è quello di farsi aiutare nei momenti debolezza. Un gesto che richiede molta forza e molto coraggio, un po’ come è capitato di recente a Sangiovanni, che è presente in questo disco con il featuring nella traccia “La fine del mondo”. Ti è capitato di confrontarti con lui? Quale pensiero senti di potergli rivolgere da fratello maggiore e da chi ha vissuto nel suo percorso anche dei momenti di blackout?
«Ho vissuto una situazione molto simile alla sua, anche se ai tempi non mi ero esposto in modo pubblico, ma mi sono dovuto fermare per un anno e mezzo perché sentivo la necessità di staccare, di pensare al mio benessere mentale e fisico. Questa cosa mi ha allontanato dalla musica, non ho più scritto canzoni fino a quando ho chiuso questo cerchio, racchiudendoli in “Fiori di Chernobyl”. Ho conosciuto bene Sangio, è una persona d’oro, è molto simile a me per certi versi e ci stiamo sentendo spesso, andrei fino in Veneto a piedi per lui. Sa che può contare su di me e credo che abbia fatto la scelta giusta, perché quando vivi in un meccanismo che ti addossa così tante pressioni, devi mostrarti in un certo modo con tempistiche differenti. Il ruolo del cantante è sottoposto a tantissime pressioni, quindi prendersi una pausa per ritrovare se stessi è la cosa più giusta, che sia di un giorno o che sia di un anno».
Per concludere, quello che si percepisce sia guardando “Interstellar” che ascoltando questo disco è il significato metafisico dei sentimenti, che vanno al di là della scienza e superano addirittura la ragione. La morale del film è che l’amore sa muoversi tra il passato e il futuro, tra il ricordo e il sogno. In quello che scrivi c’è tanta umanità, per questo ti chiedo: qual è la morale di questo tuo nuovo album?
«Cogliere tutti gli sbagli che ho commesso, pensare a come ero e a come sarò, compresi gli sbagli che commetterò in futuro. Gli errori ci servono per crescere e trovare un nuovo punto di svolta nella vita. La promessa che ho fatto a me stesso è di restare concentrato per studiare e continuare a crescere, il tutto cercando di fermarmi ogni tanto, guardarmi intorno per godermi il momento e le persone che ho accanto. In fondo siamo esseri umani, non vivremo per sempre, per quanto mi riguarda non voglio trovarmi a cent’anni a guardare un diario pieno di bellissimi ricordi e accorgermi di non aver vissuto. Per me è questa la morale del disco e, spero, anche della mia vita».
Videointervista a Mr Rain
Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte di raccontare. È autore del libro “Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin” (edito D’idee), impreziosito dalla prefazione di Amadeus. Insieme a Marco Rettani ha scritto “Canzoni nel cassetto”, pubblicato da Volo Libero e vincitore del Premio letterario Gianni Ravera 2023.