Intervista a Piero Pelù, che, 4 anni dopo Pugili Fragili, ha pubblicato il nuovo album Deserti, anticipato dai singoli Novichok e Maledetto Cuore. (Qui il link per l’acquisto)
“Il riposo forzato dello scorso anno mi ha dato modo di fermarmi e riflettere, guardarmi dentro e guardare tutto quello che mi circonda.
Ho viaggiato, ho letto, ho scritto, mi sono confrontato con altri artisti.
Il risultato è quello che ho cercato di raccontare in questo album: deserti e desertificazioni a cui ci stiamo purtroppo assuefacendo senza riuscire a reagire come dovremmo.”
Intervista a Piero Pelù
Cosa rappresenta il nuovo album ‘Deserti’ nel tuo percorso artistico?
Deserti è un album per me molto importante perché c’è racchiuso tutto il mio disagio di questi ultimi anni. “Pugili Fragili” uscì il 6 marzo del 2020 e due giorni dopo l’Italia si è chiusa e il disco è rimasto lì sospeso. Nel frattempo ho avuto la grande fortuna di fare una bellissima tournée teatrale insieme ad Aldo Cazzullo parlando di Dante Allighieri, poi ho fatto un tour con i Bandidos, ho fatto il tour di addio dei Litfiba, meraviglioso. Poi è scoppiata la guerra tra la Russia e l’Ucraina, è scoppiata un’altra guerra tra Israele e la Palestina, mi sono esplose le orecchie in studio di registrazione. Insomma, sono stati quattro anni molto impegnativi. Tutta la scrittura di questi anni per un lungo periodo si è accumulata, senza avere una forma ben precisa. Poi sono arrivate “Maledetto cuore” e “Picasso”, canzoni dell’album fondamentali per l’equilibrio del disco e da lì tutto ha cominciato a prendere la sua forma.
La prima traccia è un pezzo strumentale. Come mai?
Sì, “Porte”, il significato è strettamente legato ai deserti. Io sono un buon frequentatore dei deserti, soprattutto quelli Nord-Africani, che sono quelli più vicini a noi. Tutta la pre-produzione di questo album l’ho fatta insieme a un carissimo amico musicista, Valerio Recenti, detto Mr. Voodoo, col quale ogni tanto alziamo il telefono e diciamo ‘ci siamo rotti le palle del lavoro di tutto, ok andiamo nel deserto’ e allora si va in Tunisia, in Nord Africa, in Marocco. I deserti sono anche nel suono di questo disco. E’ un album molto rock, ma con un sacco di sfumature etniche ed elettroniche.
Devo dire che sono interessanti queste contaminazioni che si possono sentire. Come si sono svolti i lavori? Quando è intervenuto Enrico Brun?
Enrico Brun è arrivato solo durante la produzione finale. Con lui ho prodotto l’album prima nel mio studio a Sesto Fiorentino, dove tutti i Bandidos hanno suonato, compreso Giacomo Castellano, il grande James Castillo. Poi ci siamo trasferiti alla Sony, all’RCA Studio, per rifinire tutto, aggiungere più elettronica, contrappuntare alcune melodie, eccetera. E quindi il disco è stato frutto di due grosse session di registrazione, però molto separate tra di loro. Questo mi ha permesso di rielaborare bene tutto il materiale che avevo tra le mani. Quindi devo dire che il tempo e quindi anche il mio problema e di acufeni hanno giocato un ruolo molto positivo nel suono finale di questo album.
In “Maledetto cuore” metti in evidenza le difficoltà di comunicazione tra le persone.
Sì, “Maledetto cuore” è una canzone che parla proprio di questo, ma è anche un brano che mi è servito molto a capire l’importanza degli altri, del nostro rapporto con gli altri per riuscire a superare le difficoltà. Solo condividendo quello che abbiamo dentro di noi con gli altri, possiamo raggiungere la nostra massima espressione. Siamo animali sociali, c’è poco da fare. Dall’isolamento possono nascere solamente cose pericolose.
Questa idea di condivisione lo si vede anche in “Baraonde” dove fotografi molto bene il tuo momento, tra l’altro con un ritmo piuttosto sostenuto.
Sì, “Baraonde” è la canzone con la gestazione più lunga di questo album, perché ho iniziato a scriverla durante la pandemia. Avrò creato almeno sei versioni della canzone prima di proporre quella definitiva, che dura 2 minuti e 58. Sono arrivato proprio alla sintesi assoluta di quella canzone ed è anche quella estremamente più autobiografica rispetto al problema degli acufeni, che si confondono con i rumori e gli echi delle bombe. E’ un po’ una somma di tutto quello che io sto vivendo in questo periodo, tra quello che succede dentro di me e quello che succede fuori di me.
In “Scacciamali” canti, “pace pace, basta quegli spari, caccia scaccia ogni dittatore”. Tu non hai mai avuto paura di schierarti a favore della pace, ma perché oggi secondo te è diventato più difficile esprimere un’opinione?
È diventato difficile esprimere la propria opinione come cittadini perché ormai le lobby delle propagande sono diventate potentissime e “Novichock” è una canzone che parla proprio di questo, cioè dell’avvelenamento dell’informazione, le fake news, le propagande calibrate per carpire consensi e, altra cosa di cui noi italiani siamo campioni del mondo, i depistaggi. Quindi diventa sempre più difficile informarsi e quindi diventa anche più difficile esprimere un’opinione.
In questo io credo che assuma ancora più valore la versione rivisitata per il 25° anniversario del “Il mio nome è mai più”, in cui ‘il militare americano’ diventa ‘italiano’.
Un omaggio al fratello di Lorenzo Jovanotti che perse la vita durante un volo civile 16 anni fa. Una notizia che mi colpì molto e da allora quel militare americano che cantava Lorenzo nella canzone per me è diventato un militare italiano.
Nel brano “Canto” invece parli delle tue canzoni dicendo “c’è la mia vita dentro, c’è la mia vita fuori”. Ma nel tempo come è cambiato il rapporto con i tuoi brani?
Questo periodo molto difficile, dovuto all’esplosione degli acufeni, mi ha messo molto a nudo e non mi era mai capitato così tanto fino ad oggi di sentirmi così. Ho deciso di non avere pudore, ma non in senso esibizionista, quanto piuttosto nella volontà di volermi raccontare anche con tutti i fantasmi che mi agitano dentro già da quando ero ragazzino.
“Tutto e subito”, è il pezzo scritto con i Fast Animals & Slow Kids. Come mai hai scelto di lavorare proprio con loro?
I Fast Animals & Slow Kids sono una band straordinaria, che io ormai seguo da diversi anni. Ho avuto anche la fortuna di condividere il palco con loro per fare una versione di “Toro Loco” veramente straordinaria. Visto l’argomento del brano, qui si parla di Tik Tok, mi sembrava giusto che io la condividessi con dei giovani rockers come loro e il risultato è assolutamente straordinario. Io adoro quella canzone, non vedo l’ora di suonarla dal vivo.
Mi incuriosisce anche la scelta dei Calibro 35, perché avete proposto un brano che è incredibile, sotto più punti di vista. Qual è il punto di contatto fra le vostre idee di musica?
Quando ho cominciato a scrivere la canzone, si intitolava “Baby Gang” e parlava di un giovanissimo adolescente nella Firenze degli anni ’70 che usciva col suo gruppetto di amici che ascoltavano i Beatles, Battisti, Celentano, che andavano a vedere i film di Sergio Leone, ma anche i poliziotteschi italiani. Il collegamento con i Calibro 35 è stata la cosa più naturale del mondo. Chi meglio di loro sta reinterpretando quella musica straordinaria di quegli anni? In un giorno di studio abbiamo realizzato il pezzo. Sono musicisti straordinari e persone meravigliose.
“Deserti” è il secondo capitolo della trilogia del disagio. Questo progetto musicalmente dove ti sta portando? Perché questo disco è molto differente rispetto al precedente.
Non penso troppo al futuro. Per ora la trilogia mi sta portando a fare un tour con i Bandidos, tra l’altro una band rinnovata e assolutamente cosmopolita. Sono reduce da una decina di giorni di prove dove ci siamo divertiti come dei matti e anche i pezzi di “Deserti” si stanno già lentamente trasformando in qualcosa di nuovo.
C’è molta curiosità. Chissà come i pezzi di “Deserti” potranno convivere musicalmente con gli altri brani del tuo percorso…
Questa è veramente una challenge! Ci stiamo lavorando e sono molto soddisfatto dell’allestimento, perchè sul palco si vedranno dei visual che proietteremo che rimandano all’immaginario dei deserti. Saranno progetti di natura astratta che si fonderanno perfettamente con lo spettacolo delle luci e con le canzoni. Non vedo l’ora di farvele vedere. (Qui il calendario del tour e Qui il link per l’acquisto dei biglietti).

Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello” e nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia”.
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