Intervista a Sick Luke, che il 5 settembre ha pubblicato “DOPAMINA” (Carosello Records), il nuovo album composto da 13 tracce arricchite da un’impressionante lista di collaborazioni inedite che spaziano tra i nomi più influenti della scena. Qui la recensione.
Questo progetto, anticipato in parte dal producer multiplatino durante l’apertura dei concerti di Drake a Milano, segna un capitolo significativo nella sua carriera.
Durante il weekend di pubblicazione “DOPAMINA” è stato il #4 album più ascoltato al mondo su Spotify e ha conquistato la vetta della classifica italiana FIMI dei vinili più venduti.
Sick Luke ha da poco annunciato il suo primo concerto: DOPAMINA EXPERIENCE, il 19/03/2026 al Fabrique di Milano. Qui il link per l’acquisto dei biglietti.
Intervista a Sick Luke, il nuovo album “Dopamina”
Sick Luke, partiamo da Dopamina: cosa rappresenta per te questo disco all’interno del tuo percorso artistico?
Dopamina è l’evoluzione del mio sound. Sono partito dalla musica fatta sul PC, usando solo plugin, fino ad arrivare a lavorare con strumenti veri, coristi e una musicalità più completa. È un passo avanti naturale che segna una nuova fase della mia carriera.
Rispetto al tuo primo disco del 2022, in cosa senti che sei cambiato?
La scrittura la lascio quasi sempre agli artisti, ma sulla produzione mi evolvo continuamente. Non mi piace ripetermi: cerco sempre nuovi stimoli e nuove soluzioni. Dopamina è un concept album, una sorta di viaggio nel mio universo sonoro, con momenti diversi che si legano grazie al mio tocco.
Nel disco ci sono 13 tracce e 18 artisti coinvolti. Come sei riuscito a trovare equilibrio e linearità?
L’equilibrio lo trovo con il mio gusto musicale e con una scelta attenta della tracklist. Ho costruito il disco come un rollercoaster, con momenti più intensi e altri più melodici. L’ordine delle tracce è fondamentale: volevo che l’ascolto fosse un viaggio, non una playlist casuale.
L’album si apre con Ogni sbaglio, con Blanco e Simba La Rue. Perché hai scelto questa traccia come intro?
Quando ho creato il beat ho capito subito che sarebbe stata l’intro. L’ho mandata a Blanco, che ci è entrato perfettamente, e lui stesso ha proposto Simba La Rue. Il risultato è stato sorprendente: due mondi diversi che in realtà si sono uniti in maniera naturale.
Molti artisti con cui collabori danno il meglio di sé nei tuoi progetti. Qual è il tuo segreto in studio?
Con me gli artisti si sentono al sicuro. Non parto mai subito con la musica: prima c’è una chiacchierata, ci conosciamo, e poi nasce il pezzo. Cerco di capire cosa manca a ciascuno e provo a esaudirlo. È un approccio che fa emergere il meglio di loro.
Un brano come Money Machine è diventato centrale anche nei tuoi DJ set. Cosa cercavi in quella produzione?
Volevo un pezzo potente, quasi americano. Nei miei DJ set cerco sempre di portare qualcosa del mio lavoro, e Man in Machine funziona benissimo in quel contesto. Non tutti i brani del disco si prestano, ma questo sì.
Un altro pezzo molto emozionante è Da quando ci sei tu, con Alfa. Un bell’esempio di contaminazione.
È stato Alfa a chiedermi di dedicare il brano a mio figlio, e da lì è nato tutto. Per me è forse il pezzo più bello del disco, quello che mi rappresenta di più. Parla di emozioni vere e della paternità, che è diventata parte importante della mia vita e ha influenzato anche Dopamina.
In MayDay con Capo Plaza emergono due anime diverse di Plaza, quella dura e quella melodica. Come ci sei riuscito?
Plaza è uno dei GOAT in Italia. L’idea era di creare qualcosa di simile al mood americano, come Metro Boomin con Future. Ci siamo messi nei panni giusti e il pezzo è venuto fuori naturale.
Con Testa o Croce sembra emergere la voglia di fare musica senza pensare a streaming o numeri. È così?
Assolutamente sì. Non ho mai pensato ai numeri, nemmeno con il primo disco. Testa o Croce è nato da una sessione spontanea e divertente. Un po’ come quando lavoravo agli inizi, solo per passione.
C’è anche Non In vendita, che ricorda le atmosfere di X2. Lo consideri un ponte con quel disco?
Sì, lo è. Il pezzo è prodotto insieme a Valerio Bulla, che aveva già lavorato al primo album. Sentivo che mi serviva un brano con quelle sonorità, e infatti richiama molto il mio percorso precedente.
Con Su e Giù arrivi a una collaborazione internazionale. Quanto ti senti vicino a quella scena oggi?
Non mi sento ancora parte della scena internazionale, ma ci arriverò. In Italia mi sento di aver raggiunto il massimo, ora voglio ripartire da zero in America come un emergente. Ho già iniziato a mettere radici lì e non vedo l’ora di spostarmi.
Chiudi il disco con Father’s Day, insieme a tuo padre. Che significato ha per te?
È un pezzo che parla di famiglia, ma anche di libertà. Ho persino rappato, perché voglio dimostrare che posso fare quello che voglio, senza limiti. È un brano che racconta tanto di me e del mio percorso.
Qual è l’aspetto della tua musica che oggi ti rende più orgoglioso?
Il fatto di essere famoso quanto un rapper. In Italia non è comune che un producer sia così conosciuto. Ci sono tanti produttori forti, ma io sono stato uno dei primi a emergere davvero come figura pubblica.
Se ci rivedessimo tra un anno, quale traguardo ti piacerebbe aver raggiunto?
Vorrei aver prodotto un grande artista internazionale, qualcuno che non canta in italiano. Questo è il prossimo step che sogno di realizzare.

Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello” e nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia”.
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