Intervista ai Delta V, che venerdì 17 ottobre hanno pubblicato in fisico nei formati cd, vinile e in digitale “IN FATTI OSTILI“ (https://deltav.lnk.to/infattiostili), il nuovo album di inediti distribuito da Universal Music Italia. Un disco profondo e riflessivo che esplora la complessità del presente e la necessità di dare “un ordine al disordine”. In questa intervista, il duo racconta la genesi del progetto, il legame con Milano, il rapporto con la tecnologia e la libertà creativa che caratterizza la loro musica.
Si tratta del settimo disco di inediti per la band, il secondo dopo “Heimat” (2019), l’album che ha cambiato in maniera decisiva la visione e il modo di fare musica della band di Carlo Bertotti, Flavio Ferri e Marti.

Il tema centrale di questo nuovo lavoro, già preannunciato dal suo titolo e dal singolo apripista “Nazisti dell’Illinois“, è il senso di ostilità che rappresenta un sentimento ormai diffuso e condiviso della società di oggi, sintomo di un grande cambiamento dei tempi rispetto agli anni in cui il progetto Delta V ha visto la luce. La paura del diverso ha oggi sostituito la fiducia, generando a tutti i livelli chiusura e diffidenza.
Questa la tracklist del cd di “In Fatti Ostili“:
“Essere Migliori”; “Regole A Milano”; “La Disciplina Del Nulla”; “Wendy”; “Storti”; “Panico”; “Nazisti Dell’Illinois”; “Provincia Meccanica”; “San Babila Ore 20(25)”; “Laika e l’America”; “I Raggi B feat. Steve Hacket”.
Intervista ai Delta V, il nuovo album “In fatti ostili”
Il titolo “In Fatti Ostili” sembra racchiudere un concetto di cambiamento, da sempre centrale nel vostro percorso. Cosa rappresenta questo disco per i Delta V?
Il cambiamento è parte naturale delle cose, e per fortuna. Se Heimat era il nostro ritorno a casa, alle origini, In Fatti Ostili rappresenta la consapevolezza successiva, il momento in cui ci si rende conto delle storture e delle difficoltà del mondo attorno a noi. È una riflessione lucida su ciò che non funziona, ma anche un modo per accettare che la crescita passa attraverso l’imperfezione.
Avete affermato che questo disco è servito a “dare un ordine al disordine”. Qual è stato l’aspetto più difficile da mettere in equilibrio tra musica, testi ed emozioni?
Trovare un equilibrio è sempre la parte più complicata. Non c’è un solo elemento difficile: è tutto un continuo aggiustamento tra parole, suoni e sensazioni. La vera sfida è far convivere ciò che vogliamo dire con la forma della canzone. Spesso abbiamo troppe parole, troppe cose da esprimere, e dobbiamo imparare a lasciare spazio alla musica.
Nei testi emerge una maggiore attenzione al quotidiano e ai tempi che viviamo. Cosa vi ha spinto in questa direzione?
Viviamo tempi burrascosi, e tutto ciò che si scrive è inevitabilmente il riflesso di questo presente. Quando il mondo intorno a te è complicato, viene naturale guardarsi intorno e parlare di ciò che accade. È innaturale, oggi, fingere che tutto vada bene o scrivere canzoni che ignorano la realtà.
Il titolo In Fatti Ostili rimanda a una società diffidente e chiusa. Credete che la musica possa ancora avere un valore politico?
Non solo può: deve. La politica non è necessariamente nei manifesti o nelle dichiarazioni, ma nel vivere quotidiano. Se ti impegni per migliorare la tua vita e quella degli altri, stai già facendo politica. Questo disco non è un manifesto, ma un racconto del quotidiano. La protesta, se c’è, arriva come conseguenza naturale del vivere consapevolmente.
“Regole di Milano” è un brano che colpisce per come racconta la città. Perché avete scelto di dedicare una canzone proprio a Milano?
Milano è la nostra città, anche se ora viviamo sparsi tra l’Italia e l’estero. L’abbiamo vista cambiare tantissimo, spesso troppo in fretta. Nel video del brano ci sono luoghi che per noi hanno significato tanto e che oggi non esistono più. È una città che amiamo, ma che ci mette continuamente alla prova. È “pagana, superba, esigente”, ma continua a ispirarci.
Milano sembra essere anche una metafora dell’Italia di oggi, tra modernità e contraddizioni.
Esatto. Milano non è solo un luogo geografico, è uno stato mentale. È la città della velocità, della performance, del bisogno costante di essere visti e riconosciuti. Le canzoni del disco raccontano questa realtà, la fatica di stare al passo, ma anche la voglia di non farsi travolgere.
Dal punto di vista sonoro, in questo album si percepisce un equilibrio tra elettronica e autenticità analogica. Come convivono questi due mondi nella vostra musica?
Oggi la tecnologia offre possibilità straordinarie, ma bisogna ricordarsi che dev’essere l’uomo a controllare la macchina, non il contrario. Abbiamo scelto un approccio più artigianale, organico, fatto di suoni veri, imperfetti, ma vivi. In Fatti Ostili è un disco “casalingo” in senso letterale: registrato, cantato e mixato in casa. L’imperfezione è parte della sua bellezza.
Avete lavorato di nuovo con Roberto Vernetti, vostro storico produttore. Com’è stato ritrovarsi dopo tanti anni?
Un incontro del tutto casuale e, proprio per questo, bellissimo. Si è riaccesa una connessione forte, non solo musicale ma umana. Abbiamo parlato di come siamo cambiati, di come abbiamo digerito i nostri percorsi. Confrontarsi dopo tanti anni è un modo per fare pace con la propria storia.
Siete pronti anche a tornare dal vivo. Come avete costruito la scaletta del tour dopo trent’anni di carriera?
È una bella sfida, perché abbiamo tante anime musicali. La scaletta conterrà molti brani del nuovo album, ma anche i classici che il pubblico si aspetta. Alcuni pezzi li abbiamo suonati talmente tante volte che quasi non vorremmo più farli, ma sappiamo che appartengono a chi li ascolta. Li suoniamo per loro, con gratitudine e rispetto. (Qui il calendario del tour e Qui il link per l’acquisto dei biglietti).
In chiusura, cosa sperate arrivi al pubblico con In Fatti Ostili?
Speriamo arrivi l’autenticità. È un disco nato da un’esigenza reale, da una riflessione sul presente e da un bisogno di verità. Vogliamo che chi lo ascolta si riconosca, anche solo in una frase o in un suono, perché significa che, in mezzo ai fatti ostili, siamo riusciti a costruire un piccolo spazio di umanità.

Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello” e nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia”.
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