Shablo

Con Manifesto, Shablo firma il suo primo album da artista solista, un lavoro che si configura come una vera e propria dichiarazione di intenti, con una direzione artistica molto chiara verso le radici dell’hip hop. Disponibile dal 4 luglio per Oyster Music / Island Records, l’album è un viaggio sonoro nel mondo della black music, del rap e delle tradizioni più autentiche della cultura hip hop, realizzato senza compromessi e con la libertà di chi vuole “suonare davvero”. Qui il link per l’acquisto di una copia fisica.

«È il mio primo progetto da artista», ha dichiarato Shablo durante la conferenza stampa di presentazione di Manifesto. «È un progetto coraggioso in quanto libero. Non è guidato dall’ansia del risultato. Oggi c’è una grande necessità di fare musica davvero. Siamo tutti ambiziosi, ma in questo caso non abbiamo puntato sui numeri. È un disco che suona vintage e già sentito, ma mi piaceva l’idea di tornare alle origini. Nella musica c’è sempre ciclicità. La musica parla sempre di sé stessa ed è giusto così.»

L’album è un manifesto: «Un manifesto di ciò che sono e la volontà di spiegare dove voglio andare», continua Shablo. «In questo disco ci sono grandi artisti. Il fil rouge è Joshua, un artista con un’identità precisa che per questo progetto si è messo in gioco. Poi c’è Tormento, che è per me un vero amuleto. Lui è un maestro, anche se non gli viene dato troppo peso. Mimì è incredibile, per la sua voce e la passione per il genere. Guè è una sorta di padrino del disco.»

Shablo ha voluto mantenere una forte coerenza artistica: «Non ho voluto cambiare niente per fare entrare artisti che magari non appartengono a questo momento. Concettualmente non ho voluto fare compromessi. Questo è un disco con un concept importante da difendere. Se avessi voluto fare un disco da classifica avrei potuto lavorare in quella direzione. Anche il pezzo di Sanremo parla chiaro: non è da classifica e secondo me ha funzionato proprio grazie a quella lente di ingrandimento.»

Il produttore ha espresso una certa stanchezza nei confronti del mercato attuale: «Ultimamente il mercato musicale mi annoia. Sembra un po’ tutto uguale. Oggi c’è bisogno di riequilibrare, e in questo momento è giusto fare un passo indietro. Non tutti sanno da dove nascono certe cose.»

Manifesto” è un disco ricco e vario, che abbraccia tanti sottogeneri della black music, con molti strumenti suonati dal vivo: «È un disco nato in studio, ed è bello che in tanti abbiano capito e mi abbiano seguito.»

L’album conta 17 tracce, numero fortunato per Shablo: «Ne avevo 25, quindi è probabile che ci sarà una seconda parte

Parlando del ruolo del produttore, Shablo è chiaro e appassionato: «Forse ora non c’è più bisogno di spiegare cosa fa un produttore. Negli ultimi 4-5 anni sono aumentati i producer che vogliono fare gli artisti e in giro ci sono sempre più producer album con un’idea profonda. Per me il produttore è come il regista di un film.»

Sulla scena rap italiana oggi, Shablo riflette: «Mi interessa parlare anche a pochi, ma che possano comprendere questo tipo di suono. Questo progetto è per chi vuole conoscere un certo genere. L’urban ha raggiunto numeri importanti, ma manca una guida. Ho una visibilità diversa rispetto al passato e il mio ruolo è anche quello di formare musicalmente gli ascoltatori.»

Il processo creativo è stato molto organico: «Il disco è nato da tre sessioni, a cui hanno partecipato costantemente Joshua e Luca Faraone. Ho mandato un pezzo o al massimo due a ogni artista che volevo coinvolgere. Mi piaceva l’idea che il disco fotografasse un periodo. Oggi si lavora troppo per reference. Nel mio disco ci sono tante citazioni, ma è diverso.»

Nel disco sorprende la collaborazione con Inoki, con il quale Shablo ebbe alcuni screzi in passato.

«La pace se è sentita prima o poi arriva e non deve essere mai forzata. Tra noi c’è sempre stato un rapporto difficile, conflittuale. Di base sappiamo quanto siamo stati importanti l’uno per l’altro. Ora è arrivato il momento per incontrarci di nuovo e non potevano che farlo in studio. Ho sempre stimato Inoki come artista e sono felice che ci siamo ricongiunti. Abbiamo la maturità giusta per non pensare a quello che ci ha fatto separare.»

Un pensiero, poi, a Neffa, che Shablo ha coinvolto anche al Festival di Sanremo 2025, nella serata dedicata a cover e duetti.

«Mi sono formato con la scuola rap di Bologna, che era superiore a quella milanese. Quando sono arrivato, Neffa era in crisi nel rap e ha sperimentato altri generi. Con Sanremo ci siamo conosciuti, abbiamo collaborato ed è stato speciale. Mi ricordo quando uscì “Aspettando il sole”, un brano che mi ha cambiato la vita. Per noi, averlo a Sanremo, è stato un regalo bellissimo. Da allora ci siamo uniti molto ed è nato un pezzo del disco ha un valore simbolico.»

Infine, Shablo pone l’accento sul valore culturale e la passione dietro al rap: «Molti ragazzi si sono avvicinati al rap per moda, ora c’è modo davvero di spiegare la cultura del rap. Io non mi sento in dovere di farlo. Noi lo facciamo per amore e passione verso questa musica. Fare il produttore per altri mi ha dato la possibilità di sperimentare molto.»

Pur non mirando a essere un punto di riferimento primario, Shablo ammette: «Sarebbe bello poter ispirare gli altri, però non è il mio obiettivo primario.»

Riflettendo sull’attenzione ossessiva ai numeri nel mercato digitale, Shablo conclude: «La democrazia del digitale deve andare di pari passo con progetti musicalmente interessanti. C’è emozione in chi ascolta? Non lo so. Per me sarebbe una grande soddisfazione se il pubblico ascoltasse questo progetto con attenzione. Credo che il mercato oggi sia pronto anche per le nicchie, che hanno bisogno di essere alimentate. La gente è stufa dell’omologazione dei generi e i dati del mainstream lo dimostrano.»

Queste parole svelano un artista che con “Manifesto” vuole fare molto di più che pubblicare un album: desidera ristabilire un legame autentico con la musica e la cultura hip hop, un invito a rallentare, ascoltare con attenzione e ritrovare le proprie radici.

Shablo presenterà il disco nel Jazz Street Tour, in cui sarà accompagnato da Joshua, Mimì e Tormento. Queste le date.

3 luglio Perugia, Umbria Che Spacca (con Gaia e Rose Villain)
2 agosto 2025 a Locorotondo (BA) per VIVA! FESTIVAL presso Arena Valle d’Itri,
8 agosto 2025 a Roma al SUMMERTIME alla Casa del Jazz
12 novembre a Milano al Teatro Arcimboldi

«Il tour completa il progetto. Dal punto di vista live c’è ancora molto da dire. Joshua sarà il protagonista insieme a Tormento. Ci sarà Mimì e con noi anche dei musicisti. Di base con loro faremo i brani del disco, ma il resto sarà un tributo a quello che ci ha ispirato. Da James Brown e Lauryn Hill. Sarà una celebrazione di diversi generi che ci hanno ispirato. Un modo per fare conoscere quello che c’è stato, ma attualizzandolo con nuove strofe rap.»

Artwork e foto di Enea Colombi

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