Ogni apparizione televisiva di Gianluca Grignani fa discutere e il monologo pronunciato in prima serata su Italia 1 durante la puntata delle Iene non è passato inosservato.
“La bottiglia di vodka ondeggia nella mia mano, lungo il soppalco della villa che si affaccia sui vigneti. Indosso una vestaglia blu. La sostanza è nascosta sapientemente in bagno, ogni tanto la vado a visitare, per non cedere a qualcosa che neanche io so cos’è. La sostanza.
Il demone. Così radicato da non svolgere nemmeno la sua finta funzione di inibitore della memoria, dei sensi, della sofferenza. L’alcol non mi fa effetto, non mi calma. Sono solo. Lo spazio che separa il soppalco dal pavimento è come la caduta libera dalla cima dell’Everest fino infondo alla fossa delle Marianne. La mia immaginazione srotola immagini e pensieri in quest’ordine: padre, madre, figli, lavoro, amici. Mi sento cadere ma il mio corpo è ancora lì, fermo, immobile. Grido Aiuto.”
Gianluca Grignani, alle Iene un monologo sulle dipendenze
“Lo vedete anche voi? Il mare di fragilità che sta in queste parole, dico. Questo è un episodio del mio passato. Mi sono messo a nudo, vi ho raccontato quello che ho lasciato alle spalle. Spero così di avere guadagnato la vostra fiducia, almeno quanto a sincerità.
E sì, si che c’è riuscito. C’è un che di impacciato nel suo modo di stare davanti a quella telecamera, c’è un’autencità poche volte vista.
Ora vorrei dirvi quello che penso io del futuro. Fatemi partire da una massima che è un po’ che tengo nel cassetto. Non date mai ad un poeta in mano una chitarra, vi racconterebbe quello che i poeti nascondono infondo al fiume della tristezza, e il resto del mondo potrebbe scambiarlo per un grido di guerra.
Ecco, questo siamo noi, il resto del mondo. Confusi, influenzabili, bramosi di trovare una risposta su cosa è il bene e cosa è il male. Passati anche attraverso una pandemia che non avevamo mai visto. Siamo alieni che non si riconoscono gli uni dagli altri. Poi c’è la Generazione Z che io ho ribattezzato “V”, come Vittoria, quelli che identifico come una mano tesa…
Quelli che non hanno mai avuto bisogno dei libri perché hanno sempre avuto un computer, quelli per cui è normale che un telefono faccia tutto tranne il caffè, loro che vengono indicati come la generazione dispersa, quella che non ha radici. Invece è la prima generazione che non è stata educata col motto mors tua vita mea, loro non credono che tutto sia lecito, che la vittoria sia di uno solo e che vinca solo il più forte.
È la generazione dell’inclusività, capace di rendere tutti uguali nelle differenze. La generazione del cambiamento, la famosa mano tesa verso il futuro, la mano del futuro. E da musicista voglio immaginare per loro, e per noi mi auguro, un finale diverso di una canzone famosissima degli Eagles, Hotel California.
In questo finale, anziché rimanere incastrati in un futuro senza immaginazione come nella versione originale, ci troveremo tutti, nessuno escluso, di nuovo nel deserto. Liberi, con l’orizzonte davanti e con un inferno di fuoco ormai alle spalle. Ecco il mio augurio. Un finale diverso e un nuovo miraggio. Una nuova Hotel California. Hotel California 2022″.

Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello” e nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia”.
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