É entrata nel vivo l’edizione 2021 di IMAGinACTION, il Festival Internazionale del Videoclip giunto al suo quinto anno di vita. In scena a Forlì in Piazza Saffi, la rassegna accende i riflettori sull’arte di coniugare musica e immagini, proprio come ci spiega l’organizzatrice Raffaella Tommasi di Daimon Film, che abbiamo avuto moto di intervistare a poche ore dall’inizio della seconda serata.
IMAGinACTION – Intervista a Raffaella Tommasi
Ciao Raffaella, benvenuta. Che tipo di organizzazione c’è dietro una manifestazione di questa portata?
«Un’organizzazione complicata, perchè abbiamo creato un palco imponente, utilizzando degli schermi di grande impatto visivo, in una piazza bellissima, ma che non è stata spesso utilizzata per manifestazioni dal vivo. Il lavoro è stato quello di cercare di adattare questa dimensione artistica, studiando e valorizzando il territorio, dando spazio ai truck food locali, permettendo al pubblico di poter degustare dei prodotti emiliano-romagnoli. L’obiettivo era quello di creare una dimensione imponente, ma allo stesso tempo anche identitaria».
Una dimensione imponente anche rispetto al momento storico, perchè molte tournée di questa estate sono state ampiamente ridimensionate. Quindi, la sfida è stata doppia?
«Assolutamente sì, non a caso è stato molto complicato, soprattutto a livello economico. Sai, questo progetto viene realizzato grazie ad una serie di bandi a cui partecipo personalmente di anno in anno, sia comunali che regionali. Sovvenzioni rese possibili anche grazie alla “battaglia” condotta lo scorso anno da me e da Stefano Salvati. Con l’appoggio della FIMI, siamo riusciti a convincere il Ministro della cultura Dario Franceschini a firmare un decreto per riconoscere agevolazioni fiscali ai videoclip, portandoli ad essere riconosciuti anche in Italia come autentiche opere d’arte. Un supporto ministeriale era assolutamente dovuto, perchè le idee da sole non bastano, senza un adeguato sostegno economico non è possibile poter riuscire a superarsi a livello tecnologico e artistico».
Quella che avete condotto è una battaglia importante, non soltanto per quanto riguarda il mondo dei videoclip, ma rappresenta anche un piccolo traguardo per cominciare a considerare la musica come forma d’arte e non più come semplice ludico intrattenimento…
«Senza fare alcuna polemica, mi piacerebbe riuscire a suggerire qualche spunto di riflessione a riguardo. A seguito della pandemia, gli eventi dal vivo sono stati molto penalizzati, ci sono delle discriminanti che si sono create in questi ultimi due anni, ad esempio in un ristorante all’aperto non è richiesto il green pass, mentre per un concerto realizzato sempre all’esterno sì. La musica, così come il cinema e tutte le altre grandi forme d’arte, è un dono che gli artisti ricevono dall’alto, ma è anche studio e sperimentazione, sicuramente non un semplice intrattenimento, proprio per questo bisognerebbe cercare di rispettarla un pochino di più».
Per la prima volta il palco di IMAGinACTION approda all’aperto, escludendo la parentesi del drive in dello scorso anno. Quali sono state le principali criticità organizzative e quali i vantaggi?
«In effetti la dimensione iniziale era quella teatrale, con un pubblico decisamente diverso rispetto a quello di una piazza. Credo che un Festival come questo si presti a location anche differenti tra loro. Spostarlo all’aperto rappresenta una sfida continua, un’esperienza sicuramente più difficile, soprattutto per una rassegna così trasversale, ma il futuro è audiovisivo e questi due linguaggi sono diventati ormai imprescindibili l’uno dall’altro. Il 98% dei video visualizzati sul web sono contenuti musicali, questo dimostra come la gente abbia voglia di unire le canzoni alle immagini. Quando conobbi Stefano Salvati, mi colpì moltissimo il suo talento, ritengo che molti suoi videoclip siano alla stessa stregua dei più grandi capolavori cinematografici. Bisognerebbe riflettere sulla grande potenza dell’immagine, basti pensare alla crescita esponenziale di piattaforme come Tik Tok. Per molti aspetti, questo Festival rappresenta una conquista, soprattutto in un momento storico come questo».
Nella serata di ieri abbiamo assistito alla proiezione del making of del nuovo video di Ligabue, diretto da Fabrizio Moro e da Alessio de Leonardis, prodotto da te e da Stefano Salvati. Che aria si respirava sul set?
«Un’atmosfera rilassata, ma estremamente professionale. Realizzare questo videoclip è stato ancora più complicato del Festival (sorride, ndr). Siamo partiti da un’idea di Fabrizio, molto apprezzata da Ligabue, di conseguenza c’è stato questo bellissimo incontro artistico tra due dei più importanti cantautori italiani degli ultimi decenni. E’ stata scelta Ravenna come location delle riprese per il settecentesimo anniversario dalla morte di Dante, abbiamo cercato di dare rilievo al territorio senza l’ausilio di sponsor. L’imprinting del videoclip è di stampo cinematografico, molto impegnativo a livello organizzativo e produttivo, ma il risultato è di ottimo livello».
In che termini pensi sia cambiato nel tempo il linguaggio dei videoclip e che ruolo può avere oggi in una società fortemente influenzata dalle immagini?
«In Italia ci siamo abbassati a dei livelli molto basic, a causa dei tagli ai budget delle case discografiche è calata la qualità. Ci si è adagiati per diverso tempo al classico videoclip on the road di accompagnamento alla canzone, una dimensione per me fastidiosa, perchè diventa quasi un onere o un peso, a quel punto tanto vale non farlo. Negli ultimi tempi, però, ho notato che la concezione del videoclip ha preso un’altra direzione, i giovani hanno recuperato la voglia di realizzare prodotti di qualità, c’è fermento e le idee sono buone. A volte basta una goccia per dar vita ad un oceano, cominciare a considerare i videoclip delle opere d’arte è sicuramente una grande conquista».
Obiettivi per il 2022? Come può crescere in futuro questa manifestazione?
«L’obiettivo è quello di far conoscere a più persone possibili questo Festival, che non ha competitor a livello internazionale perchè è unico, non essendoci altre rassegne nel mondo dedicate ai videoclip. L’idea è di ampliare gli orizzonti, per farlo bisognerà lavorare sempre di più, cercando collaborazioni con aziende che possono sposare la filosofia di questa manifestazione. In questi ultimi due anni non ci siamo abbattuti, abbiamo fatto salti mortali per portare a casa il risultato nonostante le difficoltà e le restrizioni. In futuro la voglia è quella di crescere».
Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte di raccontare. È autore del libro “Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin” (edito D’idee), impreziosito dalla prefazione di Amadeus. Insieme a Marco Rettani ha scritto “Canzoni nel cassetto”, pubblicato da Volo Libero e vincitore del Premio letterario Gianni Ravera 2023.
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