Fulvio Be

Fulvio Be (Fulvio Bondi) è un cantautore bolognese residente a Berlino, dove lavora come medico neurologo d’emergenza. 

A 34 anni, ha deciso di trasformare il suo percorso artistico in un progetto concreto, intrecciando la sua esperienza professionale con la produzione musicale. La sua musica nasce da riflessioni maturate in un campo complesso e profondamente umano. Nei suoi brani, esplora temi come il cambiamento, la resilienza e il coraggio di sfidare le aspettative, fondendo introspezione e sonorità moderne per offrire al pubblico un’esperienza autentica e coinvolgente. 

“Portami in giro” (distribuito da Ada Music Italia) è il suo nuovo singolo.

Intervista a Fulvio Be

“Portami in giro” è un brano che unisce energia pop e riflessione emotiva. Come è nato questo pezzo e cosa rappresenta per te?

Questo brano è nato in due momenti distinti: ho scritto musica e linea melodica l’anno scorso e, nonostante diversi tentativi, facevo fatica a trovare il testo giusto per la strofa. Così ho deciso di cancellare completamente il testo che avevo scritto e ripreso fuori uno di qualche anno fa che era come “rimasto” senza musica. Nel ponte e nel ritornello, invece, ho mantenuto invariate le parole scritte l’anno scorso. Ne è venuto fuori una sorta di lavoro “a quattro mani” tra questi due me, quasi un dialogo tra due momenti distinti della mia vita. È stata una esperienza interessante ed un esperimento che mi ha regalato delle belle emozioni.

Hai dichiarato che il brano racconta un amore “magnetico e travolgente, in cerca di identità”. Da quale esperienza personale o ispirazione nasce questa descrizione?

La particolarità di questa canzone è, come dicevo, che il testo della strofa è stato scritto in un momento diverso rispetto a quello di ponte e ritornello. E, mentre nella strofa si racconta di questo amore sofferto e combattuto, nel ritornello e nel ponte si parla della decisione di abbandonarsi completamente ad esso per lasciarsi trascinare dalla passione. È quindi la descrizione di un amore che si evolve nel tempo, di quel sentimento che ci accompagna attraverso momenti difficili ma anche ci fa vivere emozioni intense ed irrinunciabili.

La produzione di Nicolò Fragile ha dato al pezzo una sonorità molto contemporanea. Com’è stato lavorare con lui e cosa ha portato al tuo sound?

Lavorare con un grande artista come Nicolò è stata una emozione grandissima ed un onore, oltre che una grande soddisfazione personale. Nicolò è riuscito a dare una forte identità sonora al brano, trovando il giusto equilibrio tra musica suonata (con chitarra e pianoforte) ed elementi da musica dance (con grancassa in quattro quarti e ritmo molto incalzante). E il risultato è stato davvero incredibile, soprattutto perché è stato come se avesse dato musica all’idea che avevo in mente.

Il ritmo incalzante e l’atmosfera tesa creano una sorta di ballo tra razionalità e istinto. Quanto è importante per te questo contrasto nella tua musica?

Sicuramente questo connubio è un elemento ricorrente, e questo perché rispecchia un po’ anche il mio modo di affrontare la vita: prima di iniziare un qualcosa sono riflessivo ed analizzo a fondo i diversi aspetti- positivi e negativi. Poi, quando mi sono convito ad iniziare qualcosa, vado fino in fondo con grinta, passione, caparbietà e, perché no, un po’ di irrazionalità.

Il videoclip ha un’estetica molto minimale ma potente, con la sfera rossa come elemento simbolico. Come è nata l’idea della regia e cosa volevi trasmettere con quelle immagini?

Nel video abbiamo cercato di riprendere queste due fasi della canzone, con strofa sofferta e molto riflessiva e ritornello energico, passionale, dinamico e liberatorio. E’ così che insieme a Simone Forti, il regista e videomaker, abbiamo creato queste due fasi: immagini forti e più statiche nella strofa, ballo e dinamismo nella strofa.

Hai scelto di lasciare spazio a due ballerini nella narrazione visiva. Che ruolo ha la danza nel racconto di Portami in giro?

I due bravissimi ballerini (Lorenzo e Stella) sono stati fondamentali per riuscire a rendere al meglio queste due fasi di cui parlavo prima, portando dinamismo, classe ed eleganza al ritornello attraverso il loro ballo intenso e sensuale.

La tua performance sotto un cono di luce è molto intensa e controllata. Quanto c’è di teatrale o autobiografico in quel tipo di rappresentazione?

Il cono di luce, insieme alla sfera rossa, sono stati elementi ideati da Simone Forti per sostenere la narrazione della canzone, quindi più teatrali che autobiografici. Al tempo stesso, però, la loro efficacia ha permesso di aiutare la narrazione di qualcosa di autobiografico, come spesso accade nel cantautorato. Quindi, in fondo, hanno avuto anche qualcosa di autobiografico.

Sei medico in uno dei principali ospedali di Berlino. Come riesci a conciliare la tua carriera in ambito sanitario con il percorso musicale?

Il conciliare due lavori abbastanza distanti come quello del musicista e del medico non è sempre facile e richiede una accurata gestione del tempo, anche di quello libero. Sicuramente richiede molta convinzione e passione, perché i sacrifici non mancano. Ma, contemporaneamente, le diverse esperienze nei due campi possono rappresentare una occasione di arricchimento per entrambe le figure professionali: ad esempio, la gestione dello stress e la capacità a reagire velocemente agli imprevisti, due qualità importanti nella mia attività da medico d emergenza, mi hanno anche aiutato a risolvere problemi in alcune situazioni durante il mio percorso musicale e le esperienze, soprattutto umane, fatte in ambito medico sono speso un buono spunto di riflessione da portare nei miei testi. 

Quanto la tua esperienza in corsia ha influenzato il tuo modo di scrivere e di approcciarti alla musica?

Indubbiamente le esperienze quotidiane nell’ambito medico, fatte spesso di emozioni forti a livello emotivo, mi hanno ispirato per molti miei testi. Scrivo quello che sento e quello che vedo, come da tradizione cantautorale, e questo lavoro mi porta a contatto con realtà molto diverse ed estreme (lavoro come medico d’urgenza in auto medica), da cui posso attingere per la mia produzione artistica.

Nella musica cerchi evasione, introspezione o entrambe le cose?

Entrambi, anche se forse più introspezione e colloquio con me stesso: molte volte mi stupisco da solo di quello che ho scritto, quasi come se una persona esterna mi avesse dettato alcune frasi o passaggi dei miei testi. Produrre musica per me è fare un punto della situazione e capire dove sto emotivamente e cosa penso rispetto ad alcune cose vissute o alla mia situazione in generale. Una occasione che altrimenti non avrei e, quindi, qualcosa di cui ho per forza bisogno.

Vivi e lavori in Germania, ma scrivi e canti in italiano. Quanto è importante per te mantenere questo legame linguistico e culturale?

Non potrei mai pensare di scrivere in una lingua che non è la mia lingua madre, perché scrivere musica per me è qualcosa di troppo intimo e personale. E’ un processo catartico e quasi metafisico, una confessione mia, che quindi deve essere fatto senza dover riflettere troppo sulla correttezza delle parole o della struttura grammaticale. Anzi, a volte si deve poter andare contro alle regole grammaticali, e questa scelta va a creare un ulteriore messaggio oltre al testo stesso. Scrivere musica per me è una necessità sincera e le parole devono poter venire da sole, cosa non pensabile in una lingua non tua. E questo indipendentemente da quanto uno possa sentirsi a suo agio in una lingua straniera.

Come risponde il pubblico tedesco (se hai avuto modo di testarlo) alla tua musica in lingua italiana?

C’è una lunga tradizione di musica italiana in Germania, poiché il suono della lingua italiana piace di media ai tedeschi: ho ricevuto molti feedback positivi da amici, conoscenti o amici di amici, che mi hanno contattato per farmi i complimenti. Una cosa che fa molto piacere!

Quali sono i prossimi passi del tuo percorso artistico? Hai già in mente nuova musica o un progetto più ampio?

Finora abbiamo registrato otto brani in studio, che vogliamo fare uscire come singoli con una cadenza circa bimensile fino agli ultimi due, che faremo uscire insieme per andare a formare il mio primo EP.

Se potessi descrivere Portami in giro con una sola immagine, quale sarebbe?

Un vortice scuro che solleva me – o l’ascoltatore- verso l alto.

Cosa significa oggi, per te, “fare musica” in un mondo così frenetico, soprattutto con un lavoro così totalizzante come il tuo?

Per me prendere la chitarra e la penna e mettermi a scrivere musica è un atto di rivoluzione nei confronti di questa società irrequieta, schizofrenica e caotica. Una società che ci satura il pensiero con notizie e messaggi troppo spesso superflui. È una rivoluzione calma e lenta, tipica delle attività manuali. Ed è al tempo stesso una detossicazione ed una liberazione, è quel riappropriarsi di ritmi umani. La società in cui viviamo procede con ritmi che non sono compatibili con il cervello umano e che portano a lungo andare con se una inevitabile sensazione di inadeguatezza: semplicemente perché il cervello degli esseri umani non è fatto per vivere in una la società come quella di oggi e questa cosa ci porterà ad avere sempre meno competenze veramente nostre, dopo che avremo lasciato tutto alle macchine. Un vero peccato.

Qual è il consiglio che daresti a chi si divide tra una vita “razionale” e una vocazione creativa?

Di non esagerare con la parte razionale e di cercare di concentrarsi su quello che fa stare bene: è cosi che si creano i presupposti perché la parte razionale possa esprimere al meglio il proprio potenziale. 

📢 Segui iMusicFun su Google News:
Clicca sulla stellina ✩ da app e mobile o alla voce “Segui”

🔔 Non perderti le ultime notizie dal mondo della musica italiana e internazionale con le notifiche in tempo reale dai nostri canali Telegram e WhatsApp.