Lorenzo Lepore

Intervista a Lorenzo Lepore, cantautore romano che finalmente propone l’album d’esordio Fuori onda (T-Recs Music), prodotto e arrangiato da Tony Pujia.

Fuori onda è indie proprio nel suo non esserlo, nel tentativo di andare oltre. Echi di un cantautorato familiare si mescolano con estrema finezza a qualcosa di diverso, nuovo, indicibile a parole, se non rischiando di sminuirlo.

Un progetto che non si accontenta del presente e che ripone le speranze per il futuro, nel legame, sornione e per nulla morboso, con il passato.

Una musica fuori dai radar, dalle radio, dalle playlist ufficiali, dalla wave, non catalogata perché non catalogabile, che in nulla si identifica, ma in tanti si riconosce. Ma anche una musica al di là di ciò che è preparato, spontanea e quotidiana, come fosse ripresa a insaputa di tutti, fuorionda, appunto.

Intervista a Lorenzo Lepore, l’album d’esordio “Fuori onda”

Ciao Lorenzo. “Fuori onda” è il tuo primo album. Io direi… finalmente! Quali sensazioni provi ora, a pochi giorni dall’uscita?

Questo album è un contenitore, i passi che ho fatto fino ad ora nella musica vengono riuniti in questo manifesto che è… “Fuori onda“, ovvero fuori dai canoni, da etichette, un po’ come mi sento io. Nel disco ci sono verità importanti.

Si tratta di un disco molto piacevole, che incolla l’ascoltatore grazie a un mix originale di cantautorato e pop. Quali sono i criteri che hai seguito nella composizione delle varie tracce?

Questo disco sotto tutti i punti di vista rappresenta una storia, che guarda al passato, ma che si colloca perfettamente nel presente e, grazie alla sua originalità, guarda al futuro.

Il primo brano di questo disco risale addirittura al 2019 e racconta veramente i miei primissimi passi. La canzone “Meglio Così” vuole raccontare anche in musica un po’ la mia appartenenza alla scuola romana. Con brani come “Malincomia” torniamo un po’ una contemporaneità. È un disco molto variopinto anche a livello di generi, cioè secondo me ci sono molti generi diversi. C’è la ballata, c’è la canzone più rock come “Vietnam“, c’è una canzone acustica. La tracklist, nella copertina del disco, ricorda un po’ un’onda e ti assicuro che non è un effetto voluto. Il disco rappresenta un po’ un viaggio.

Nelle varie tracce emerge la tua vulnerabilità, ma che non va mai confusa con il troppo timore. Com’è cambiato il tuo rapporto con la paura durante la composizione del disco?

Sono cambiato io come è cambiato l’input. In “Meglio Così“, per esempio, avevo 20 anni, ero più incazzato. Allora ero un ragazzo che si affacciava al mondo del lavoro, della società, nel mondo musicale; un grido per emergere e seguire le proprie idee. In “Arthur Rimbaud” c’è una paura, ma più alienata, una sensazione che oggi mi appartiene di più. Sono assuefatto da questa società e dai nostri tempi. Questo disco vuole portarci a fermarsi, riflettere ad entrare nel profondo emozionandoci.

Il disco prende forma anche dalla copertina, nata grazie al lavoro anche di un noto personaggio anche televisivo…

Questo personaggio speciale è Guillermo Mariotto, con cui ho un rapporto lavorativo e un amicizia. Anche lui ha sempre notato il mio problema di ipermetropia che ingrandisce i miei occhi, come si può notare attraverso il bicchiere che tengo in mano nella copertina. Questa sensazione credo abbia caratterizzato tutti i brani del disco.

Video Intervista a Lorenzo Lepore

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