Slings Traphouse

Intervista agli Slings, duo formato dai rapper Prince The Goat e Ibra The Boy, nato a Brescia nel 2016. Lo scorso 20 ottobre è uscito per Epic Records/Sony Music Italy l’album Traphouse, che vede le collaborazioni di alcuni tra nomi più apprezzati della scena trap e rap italiana, come Guè, Shiva, Niky Savage e Villabanks, oltre a Bello Figo.

Intervista agli Slings, il nuovo album “Traphouse”

Traphouse”, il vostro nuovo album, cosa rappresenta nel vostro percorso? Mi incuriosisce anche considerando quella che è l’evoluzione della vostra musica.

Rappresenta per noi un ulteriore upgrade alla nostra musica. È un album in cui volevamo far capire che questo genere di trap fatto in questo modo è proprio una cosa nostra, che abbiamo portato noi. Volevamo consolidare questa cosa. In più volevamo, come abbiamo fatto in alcuni pezzi di questo album, aprirci un po’ di più nei confronti dei nostri fan, per far capire un po’ meglio alla gente. Un modo per spiegare da dove e da cosa veniamo.

Da dove veniamo. Credo che anche l’aspetto territoriale sia importante. Brescia, secondo me, con le sue contraddizioni, le sue peculiarità, ha influenzato questo disco. Dal punto di vista testuale si sentono anche dei riferimenti a quello che può essere la realtà di una città così diversa, così strana.

Noi siamo cresciuti a Brescia, in provincia; la nostra realtà è sempre stata questa. Non ci siamo spostati a Milano, ci andiamo magari solo per lavoro, per registrare, però comunque viviamo la quotidianità di Brescia sempre.

Il primo singolo del progetto sta letteralmente scalando le classifiche grazie anche alla forza di TikTok e ai relativi video che sono stati realizzati. Come è cambiato nel tempo il ruolo dei social nella diffusione della vostra musica?

Per noi è stato molto importante, soprattutto TikTok. La nostra è musica da club, non per nulla l’album si chiama “Traphouse”. Le nostre sono canzoni che fanno ballare, ti mettono di buon umore e quindi molte volte le nostre creazioni vanno su TikTok più facilmente. Senza farlo apposta e senza cercarlo. La nostra musica è molto appetibile su TikTok e quindi a noi fa bene. Poi ovviamente lavoriamo con un team che ci da anche dei consigli.

Pur non essendo canzoni create per TikTok, siete riusciti comunque a trovare questa forma per diffondere la vostra musica.

Secondo noi, in realtà, la musica da TikTok non è che esista proprio. Spesso abbiamo la critica che ci etichetta come rapper da TikTok, però alla fine vai a vedere la classifica di TikTok, magari c’è una canzone di Zucchero tra le prime, capito? Lì può funzionare tutto alla fine e anzi, le volte in cui crei una cosa proprio per andare virale su TikTok, sono quelle in cui non va virale, di solito.

Qual è il punto d’incontro tra la vostra musica e quella di Bello Figo?

Più che altro è che Bello Figo lo ascoltiamo da quando siamo piccoli e quindi lo vediamo come il “king”, è un grandissimo. Abbiamo già collaborato con lui in una canzone dell’album precedente ed è stato molto professionale, anche se non si direbbe dalla musica che fa. Fa musica che fa sorridere e quindi, molte volte la gente ha dei pregiudizi, invece è molto professionale, più professionale degli altri artisti che magari lo sembrano più di lui. Ci troviamo bene, ci abbiamo collaborato con questo brano perché pensavamo che fosse perfetto per lui. Contiene molta ironia, dei messaggi in codice, abbiamo pensato che affiancarci a lui avrebbe dato qualche punto in più al pezzo e quindi era la persona ideale secondo noi.

Mi colpisce la scelta di aprire un disco con “Live”, quindi un intro, in un periodo di ascolto così compulsivo. Qual è il senso oggi di avere un intro?

Secondo me è una cosa fatta proprio per chi è davvero un nostro fan, che magari aspetta la mezzanotte per ascoltare subito subito i brani inediti. Un pezzo per chi indossa le cuffie e se lo ascolta tutto dall’inizio alla fine. Noi abbiamo scelto la tracklist pensando a chi ascolta distrattamente, ma al fan che apre Spotify, si ascolta il disco tutto dall’inizio alla fine; perciò, abbiamo voluto dare un senso logico. Aprire con “Live”, un pezzo in cui ci raccontiamo di più, è una scelta con molteplici significati. Un disco che vive di tanti singoli momenti musicali.

Parlando invece dei feat, devo dire che ho apprezzato particolarmente il brano con Shiva. Potete descrivere con due parole tutti gli artisti che hanno collaborato con voi su questo progetto?

Bello figo… Genio! Per me è un genio, è divertente. Dopo c’è Guè, con Stylist. Lui è il capo, il maestro. Se facciamo questo genere è anche grazie a lui, quindi collaborare con lui nell’album era veramente una cosa importante per noi. Poi, Shiva. Secondo me è il rapper del momento, è veramente trap. Uno dei pochi che riescono ancora a stare in classifica con brani puramente trap. Averlo in questo progetto che si chiama “Traphouse” è stato proprio perfetto, la rappresenta in Italia in questo momento, secondo noi.

Niki Savage invece è un artista fresco, che è venuto fuori da poco e che ha portato un modo di fare musica tutto suo, infatti anche in quel pezzo, la sua parte lo sconvolge un po’ e spacca.

Villabanks è un amico; in questo mondo, per quello che facciamo noi, è difficile avere un rapporto d’amicizia con un altro artista. Con lui invece ce l’abbiamo avuto sin da subito, tanto è vero che è stato il nostro primo feat ufficiale che abbiamo pubblicato. Prima di fare quella canzone con lui, Beauty, non avevamo ancora fatto un feat con nessuno, è stato il primo e da lì siamo diventati amici. Non avrebbe avuto senso non coinvolgerlo in questo album, soprattutto in questa canzone che è l’unica un po’ diversa. Abbiamo sperimentato un brano afro, genere che in Italia non è ancora arrivato del tutto. Piano piano sta arrivando e lui era la persona adatta, siccome è nostro amico, ha subito sposato l’idea. Se avessimo proposto ad un altro artista una cosa del genere, magari non l’avrebbe fatto, invece lui è molto aperto mentalmente, è un nostro amico e l’abbiamo fatto per quello.

Facendo un passo indietro, sono passati ormai cinque anni dal vostro esordio discografico, dai primi pezzi che sono stati pubblicati. Quando riascoltate questi primi brani, cosa provate? Quali sono le sensazioni?

Di solito, ogni tanto, ci mettiamo a riguardarci i nostri primi video, proprio perché ci piace vedere il cambiamento che c’è stato, l’evoluzione che abbiamo avuto. Siamo molto orgogliosi quando riascoltiamo i nostri primi pezzi, perché in questo mondo della trap ci sembrano molto avanti rispetto ad altri. Infatti, quando suoniamo dal vivo adesso, rifacciamo Dog, che è un pezzo del 2019, e la gente la conosce ancora, è tornata virale su TikTok qualche mese fa per un po’ di tempo. Vuol dire che non ci sbagliavamo quando facevamo certe cose, anche se magari tecnicamente eravamo meno bravi di oggi, però avevamo già le idee chiare.

L’ultima domanda è legata alle tante influenze e tanti riferimenti che si possono ascoltare in “Traphouse”. In quale direzione sta andando oggi la vostra musica? Perché è difficile definirlo. È un disco, secondo me, dove c’è tanta sperimentazione, tanta voglia di andare oltre.

Non siamo quel tipo di artista che vuole fare solo un certo genere di cose e rimanere su quello. A noi piace proprio la musica in generale, abbiamo anche provini di canzoni pop, vogliamo provare tutto. Vogliamo fare le cose che ci piacciono, viverle con passione e non seguendo le mode, così facciamo quel che ci piace. Ci piace la musica, quindi ci piace sperimentare anche tante sonorità.

Video Intervista agli Slings, il nuovo album “Traphouse”