La nostra intervista a Cecilia, giovane artista che ha da poco rilasciato il suo nuovo Ep intitolato “555”, fuori per Epic Records Italy / Sony Music Italy a partire dallo scorso venerdì 13 ottobre.
Quattro le tracce che compongono il progetto: “febbre”, “crisi”, “crepe” e “sete”, canzoni che raccontano il processo che l’artista ha attraversato per arrivare fin qui. Il risultato è una ricerca di stabilità, un inseguimento che è anche evoluzione e avventura. Scopriamone di più dalla voce della diretta interessata.
Intervista a Cecilia
Partiamo dall’Ep “555”, come si è sviluppato il processo creativo di questo progetto?
«”555″ è stato il risultato di un percorso nato naturalmente. lo scorso anno ho aperto le porte ad un nuovo metodo di scrittura – in collaborazione ad altri autori, produttori, artisti. ho scritto molto, pensando semplicemente a ‘scrivere una canzone’ senza pensare a chi fosse destinata. questo nuovo approccio mi ha sbloccato ed aiutato a non giudicarmi, a pensare solo alla canzone, senza proiettarci troppo ego. piano piano la cartella dei nuovi brani si è infoltita sempre più, e da lì ho fatto selezione: avevo già in mente un ep di quattro tracce e ad un certo punto ho notato che le canzoni che mi piacevano di più fossero accomunate da un titolo corto. ‘febbre’ ‘crisi’ ‘crepe’ ‘sete’. inizialmente, in contrapposizione a ‘il senso di questo caos’, lo scorso ep uscito nel 22, volevo parlare di ordine. ma non potevo farlo: la mia mente, le mie canzoni non rappresentano ordine, il mio caos ci sarà sempre. Da lì ho cercato di dare un’interpretazione a questo concetto in altro modo. sono molto legata alla numerologia: una notte, non riuscendo a dormire, ho fatto una ricerca sul significato di 555, numero ricorrente nella mia vita, e ho scoperto essere un numero angelico che simboleggia il cambiamento, la trasformazione e tante altre cose. da lì ho visto queste canzoni come le quattro fasi del mio cambiamento personale».
Il numero riportato nel titolo simboleggia la trasformazione, a che tappa del tuo percorso artistico senti di essere arrivata?
«Sicuramente rispetto a ‘?’ punto di domanda, e ‘il senso di questo caos’ sono in una fase più consapevole. sono sempre nel caos, ma non ne sono vittima come prima. ho ancora tanto lavoro da fare e mi piace scoprirlo insieme al mio percorso artistico. cresco, lavoro su me stessa, scrivo, pubblico e tutto sembra ritrovare un pochino più di senso».
In questo lavoro ricerchi una sorta di serenità che, alle volte, assume un senso di stabilità. Quali sono i punti fermi che pensi di aver acquisito finora e che ti restituiscono sicurezza nella vita di tutti i giorni?
«Ho trovato un po’ di stabilità nella pratica dello yoga, nella meditazione e respirazione, nella lettura, nella propriocezione e auto consapevolezza. trovo che mi dia serenità condividere pensieri e momenti con persone affini alla mia sensibilità. tendo ad essere silenziosa ma amo parlare, avere conversazioni profonde, in cui ci si incontra, ci si confronta, ci si apre l’un l’altr*».
Dal punto di vista musicale, quali skills pensi di aver maturato in durante la realizzazione di questo EP rispetto ai precedenti progetti?
«Penso di aver sviluppato la capacità di scrivere senza essere necessariamente ispirata. sono sempre mossa da tematiche, argomenti, ma prima dovevo cercare qualcosa che andasse più nel profondo – e forse era soltanto un blocco. con questo ep ho cercato di mettere insieme vari elementi senza giudizio».
“febbre”, “crisi”, “crepe” e “sete” sono le quattro tracce presenti nella tracklist, i cui titoli fanno capo ad una sola parola. Un caso o una scelta precisa?
«È stato un caso. febbre, crepe, sete sono nate così. crisi inizialmente doveva chiamarsi ‘ucqsuvf’ urlavamo come quando soffia un vento forte, ma era impronunciabile. quindi ho fatto quello che non riesco mai a fare: sono andato verso una sintesi».
A livello sonoro, che tipo di lavoro c’è stato dietro la ricerca del sound di questi quattro pezzi?
«Ho lavorato alle produzioni di febbre, crisi e crepe con giacomo greco, ormai braccio destro di questo progetto. la produzione di sete è stata curata da Mattia Del Moro. Io e giacomo ci conosciamo da più di due anni, abbiamo suonato insieme per due estati, abbiamo passato ore e ore in studio, ore di auto, treni, aerei, vacanze insieme, siamo diventati fratelli. questo per dire che abbiamo avuto tempo e modo di parlare di quello che volevo e che non volevo più, di quello che aveva funzionato meglio e di quello che volevo lasciare andare, di quello che volevo comunicare. questo continuo scambio di informazioni ha dato vita ad un suono che è semplicemente l’evoluzione di quello che volevo che accadesse – che è una parte di me: non voglio categorizzarmi in qualcosa, come ho sempre esplicitato, non sono solo questo. non vedo l’ora infatti di poter lavorare ad un intero album, per lavorare su tutte le sfumature di questo progetto, che sono convinta si capiranno meglio contestualizzate in un album intero».
Per concludere, considerato che le tracce affrontano le quattro fasi del tuo cambiamento, pensi di aver raggiunto il giusto equilibrio tra chi sei e chi vorresti essere?
«Ci lavoro quotidianamente. siamo in continua trasformazione; siamo esseri fragili.
dobbiamo stare attenti ed ascoltarci. o almeno, questo per quanto mi riguarda.
penso di essere ad un buon punto».
Nato a Milano nel 1986, è un giornalista attivo in ambito musicale. Attraverso il suo impegno professionale, tra interviste e recensioni, pone sempre al centro della sua narrazione la passione per la buona musica, per la scrittura e per l’arte di raccontare. È autore del libro “Sanremo il Festival – Dall’Italia del boom al rock dei Måneskin” (edito D’idee), impreziosito dalla prefazione di Amadeus. Insieme a Marco Rettani ha scritto “Canzoni nel cassetto”, pubblicato da Volo Libero e vincitore del Premio letterario Gianni Ravera 2023.
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