Anticipato dai singoli “Malastrada” e “Mai Più” feat. Davide Shorty, “Questo non è un cane” è il nuovo album di Claver Gold: un disco dalle mille anime, che esplora tematiche che l’artista ha approfondito in questi anni di silenzio discografico.
L’ultimo album da solista di Claver Gold risale infatti al 2017 (“Requiem”, nda). Nel frattempo, però, il rapper marchigiano ha pubblicato una raccolta e uno straordinario progetto con l’amico e collega Murubutu, “Infernvm”, che ripercorre l’inferno dantesco in musica.
“Questo disco nasce dal bisogno di raccontare e raccontarmi. Tratta argomenti delicati, che spesso nel rap – soprattutto in questo periodo storico – non vengono presi in considerazione. Racconta della gente ed è dalla parte della gente. La parte di me più consapevole è qui, riportata ed esaminata al millesimo, tra sofferenze, amore, paura e libertà”.
Intervista a Claver Gold
Ciao Claver, bentrovato su IMusicFun. Come stai?
Ciao a tutti, sto bene! Vengo da una settimana di instore in giro per l’Italia. Siamo un po’ stanchi, ma molto contenti di aver interagito con le persone che sono venute ai nostri talk, che in realtà erano talk, live e firma copie. Volevo fare qualcosa di diverso per avere un maggior contatto con il mio pubblico.
“Questo non è un cane” è il tuo nuovo album. Ci spieghi un po’ più nel dettaglio questo titolo? Questo non è un cane, ma…?
Il titolo deriva inizialmente dall’amore che il cane dà indipendentemente dal fatto che ne possa ricevere a sua volta. Si tratta di un amore puro, vero e sincero, che non chiede nulla in cambio. Come dice Battiato: “L’amore vero è quando non ci si aspetta nulla indietro, quando si dà amore”. Io vorrei che le persone amassero in questo modo. Non parlo di un amore tra uomo e uomo, o uomo e donna, o donna e donna, ma di un amore che bisognerebbe mostrare nell’arco della vita e della giornata.
Questo concetto del cane l’ho poi inserito in un contesto più Dada o Metafisico, che riprende da “Questa non è una pipa” di Magritte il concetto di questa non è una pipa, ma il ritratto di una pipa. Di conseguenza, “Questo non è un cane”, ma il ritratto di un cane. Sono le storie che io racconto. Non è una verità assoluta, non c’è nulla di totalmente reale. È semplicemente la mia visione delle cose.
Il tuo ultimo album da solista è “Requiem” e risale al 2017. Cos’è successo in questi cinque anni? Come e in cosa è cambiato Claver Gold in questo arco di tempo?
Sì, sono passati cinque anni. In mezzo però c’è stato Infernum, che mi ha dato grandi soddisfazioni ma mi ha portato via molto tempo, sia a livello di scrittura, che in termini di talk e di live. Sono anni in cui credo di essere cresciuto e di aver maturato una nuova visione delle cose. Probabilmente l’analisi fatta su me stesso mi ha portato a vedere le situazioni in modo più leggero, meno drastico e meno pesante. Sono meno cattivo con me stesso, mi giudico molto di meno e riesco a capire che, alcuni dei problemi che mi interessavano, in realtà derivavano dal mio background culturale o ambientale.
In un’epoca in cui l’ascolto è sempre più rapido e frammentato e la soglia dell’attenzione è molto bassa, tu sfidi il tuo pubblico, proponendo loro un album che si articola in 15 brani, più un intro e un outro. Ne sei consapevole? Cosa ti ha spinto a correre questo rischio?
Sì, sono consapevole che la fruibilità della musica e delle cose è sempre più rapida. Però, dopo cinque anni, non potevo pubblicare un disco rapido, veloce, da primo ascolto. Mi piace raccontare gli avvenimenti in maniera ermetica ed entrare all’interno dei rapporti. Di conseguenza, ho sempre fatto dischi di 17 tracce. Questa volta, però, ho cercato di alleggerire l’album inserendovi 17 canzoni con due strofe, piuttosto che tre. In fondo, credo che la gente da me si aspetti proprio questo. Se cerchi una musica di facile comprensione o qualcosa di più leggero, in giro per l’Italia c’è tantissima roba. Se invece arrivi a Claver Gold è perché stai cercando un tipo di rap più conscio.
Nell’intro di questo tuo nuovo progetto elenchi una serie di cose che ti sono state dette e che, in fondo, non erano vere. Per ogni “Mi hanno detto che…” mi piacerebbe allora che tu dicessi “Io credo che…”
“Io credo che ci siano ancora abusi di potere, che il bene non abbia vinto, che non si viva alla pari e che il colore della pelle sia ancora una discriminante“.
La maggior parte delle cose che dico nell’intro sono come una voce, una contraddizione della realtà. Credo che, a livello umano, sia necessario un lavoro importante, perché ognuno di noi può fare qualcosa di buono per questa Terra e non credo affatto a chi dice: “Sì, ma io da solo non posso fare nulla”. Secondo me, infatti, è attraverso le piccole cose e i piccoli gesti che si può rendere questo pianeta migliore.
Ci parli un po’ di Quelli come… voi?
Come probabilmente si capisce dalle mie canzoni, non sono una persona che giudica. Preferisco dunque parlare di quelli come noi, di quelli che mi assomigliano, di quelli che ritengo facciano parte di una cerchia di ascoltatori, appassionati, ricercatori e amanti dell’arte, della cultura e dei film. Quelli come voi non mi interessano. Sì – va bene – il mondo è bello perché è vario, però non sono qui a giudicarli o a combatterli. Io cerco di introdurre i ragazzi in un determinato tipo di musica, usando citazioni culturali che probabilmente hanno segnato me per primo. Se non c’è un minimo di lampadina nelle persone, non è colpa mia. Io cerco di fare il massimo.
In “BOLORICORDO” racconti con un pizzico di nostalgia gli anni vissuti a Bologna. Cosa ha rappresentato e cosa rappresenta tuttora per te questa città?
Bologna è una città che mi ha formato culturalmente, musicalmente e umanamente. Lì sono stato benissimo. Ho finito le superiori e sono andato a Bologna per studiare, per fare l’Accademia. Ero già molto appassionato di rap; lo facevo da quando avevo dodici, tredici anni. Lì però ho capito che si poteva fare rap in mille modi e che il rap poteva darmi qualcosa in più nella vita. Bologna è una città speciale. È una città davvero magica e a misura d’uomo. La amo e la porterò sempre con me, nel mio cuore, perché mi ha dato tanto.
“Sapori e Sostanza” parla invece di quale piega ha preso oggi il Rap italiano. Come giudichi questa evoluzione? Secondo te quale e come sarà il futuro del Rap italiano?
Il rap italiano è diviso in più parti. Secondo me, purtroppo, non c’è più un’identità che lo rappresenti, quindi ci stiamo un po’ perdendo. In Francia c’è un’identità ben precisa, che è quella della Trap o Drill; in Spagna trionfa il Rap Classic; in Italia, invece, ci stiamo incamminando verso un progetto più Trap, ma non abbiamo un’identità ben precisa. Ci sono alcuni artisti molto validi sia nel mainstream che nell’underground, sia a fare Trap che a fare Classic. Credo che, dopo tanti anni di rap italiano, ora che siamo arrivati a rappare molto bene – tecnicamente siamo forti – ci sia qualcosa in più a livello sociale da raccontare.
Il 15 settembre è iniziato l’Instore Tour di “Questo non è un cane”. Ci racconti le emozioni a caldo di questi primi incontri con il tuo pubblico?
E’ stato davvero bello, perché c’è stata molta intimità con il mio pubblico. Abbiamo parlato, mi hanno fatto delle domande giuste e mi sono confrontato con loro. Non volevo portare in giro per l’Italia un Instore Tour durante il quale mi mettevo dietro un banchetto a dire: “Grazie, grazie a te, grazie a te”. Sarebbe stato inumano.
L’11 novembre, invece, a Sant’Egidio (TE) ci sarà la Data Zero di “Questo non è un tour”, che proseguirà poi fino al 16 dicembre. Cosa dobbiamo aspettarci da questa tournée nei club?
Porteremo qualcosa di nuovo, sia a livello estetico che a livello di immaginario, ma il tutto sarà pur sempre molto rap e hip hop. Probabilmente ci saranno anche degli strumenti, ma non una vera e propria band. Voglio rispecchiare molto l’immaginario hip hop, però ci saranno delle performance che non sto qui a svelare, ma di cui abbiamo già una chiara idea. Sarà una cosa carina e decisamente nuova per me. Vi aspetto, non vedo l’ora!
Claver grazie per essere stato qui con noi. Buona musica e in bocca al lupo per tutto!
Grazie a voi per questa intervista e per queste domande molto interessanti. Spero di beccarvi presto. Se venite ad un live, siete miei ospiti. Vi abbraccio, grazie ancora.

Classe 1998, negli ultimi 4 anni ha collaborato con diverse emittenti radiofoniche. Di notte recensisce musica, di giorno ne parla con gli artisti. Nostalgica ed empatica, scrive spesso nei giorni di pioggia. La musica? Un ricordo senza origine che ha ribaltato ogni prospettiva.