Eugenio Rodondi

Disponibili in tutti i digital store da giovedì 5 maggio, “Tatuaggio” e “Uragano” sono i due nuovi singoli del cantautore torinese Eugenio Rodondi e rappresentano il manifesto della provocazione gentile di cui l’artista si fa voce.

Lo scopo è quello di giocare con il concetto ormai troppo inflazionato di ego, optando per un’elisione quando questo rischia di rappresentare un freno per i processi creativi, produttivi e collettivi. L’iniziativa del cantautore rappresenta dunque un gesto di ribellione nei confronti della dipendenza performativa e del sottile piacere narcisista che si prova riascoltando la propria voce che parla, spiega o canta.

«Il fatto per me importante è che quelle parole vengano cantate, non che a cantarle sia io. Scrivo pensando alla fantasia di chi ascolterà, non al suono della mia voce».

Intervista a Eugenio Rodondi

Ciao Eugenio, bentrovato su IMusicFun. Come stai?

Sto benone, grazie. Devo dire che, se faccio un bilancio della mia vita, posso ritenermi felice.

Qualche tempo fa ti sei chiesto: “Cosa succederebbe se pubblicassi le mie canzoni e non fossi io a cantarle?”. Per provare a rispondere a questo quesito hai pubblicato due tracce in cui non compari, se non in veste d’autore. Cosa ha innescato in te questa riflessione e cosa ti ha poi spinto a compiere effettivamente questo “esperimento”?

La riflessione è stata innescata da diversi motivi e in diversi momenti. Sicuramente il motivo principale è quello di criticare o, perlomeno, mettere il focus sul periodo che stiamo attraversando. Ho infatti come l’impressione che la performance, la competizione e il mostrare i “muscoli” siano la base di ogni gesto o azione. Figuriamoci quando di mezzo c’è un prodotto artistico, un’opera, una canzone. Ecco, a volte ho l’impressione che sia più importante il personaggio rispetto all’opera. E per me questa dinamica non ha nessun tipo di senso.

Così ci è venuta l’idea (dico “ci” perché è una produzione collettiva) di non farmi comparire come voce nella canzone. Le voci di Rossana e Bianca sono dunque veri e propri “strumenti” musicali, che fanno si che la canzone non sia “mia”. Poi cantano senza alcun dubbio meglio di me. Prossimamente, cercherò di mostrare la “faccia oscura della luna”, ovvero i negativi del rullino.

Tatuaggio” è il primo di questi due nuovi singoli e hai deciso di affidarlo alla voce di Rossana De Pace. Com’è nata questa vostra collaborazione e soprattutto cosa ti ha spinto a scegliere proprio lei per questo singolo, affidando invece “Uragano” a Bianca Lombardo?

Come tutte le cose è successo casualmente, per una serie di combinazioni. “Tatuaggio” è il brano manifesto di questo progetto. Quando si è deciso di utilizzare una voce diversa dalla mia, ho provato a farla cantare da diverse cantanti, ma nessuna mi convinceva fino in fondo, perché non sentivo quella vibrazione che cercavo. Sono anche arrivato al punto di pensare che farla cantare da un’altra voce non era una buona idea.

Rossana la conosco artisticamente da quando ha iniziato a suonare a Torino. Ho anche visto diversi suoi concerti e da sempre mi trasmette delle vibrazioni positive. Stavamo per desistere quando Mimmo (amico in comune tra me e Rossana) mi ha dato l’idea. Ci siamo sentiti, mi ha girato una registrazione fatta col telefono e, nonostante la scarsa qualità audio dovuta dai mezzi, ho capito che era la persona giusta. Aveva capito la canzone e mi ha fatto venire i brividi.

Con Bianca è successa una cosa analoga. Ci conosciamo da diversi anni, ma non ci vedevamo da parecchio. Ci siamo rincontrati tramite amici in comune. Al contrario di Rossana, però, io non l’avevo mai sentita cantare. Abbiamo fatto una prova e in questo caso è stato tutto perfetto fin dall’inizio. C’era questo parlato/sussurrato che mi piaceva molto, così abbiamo sovra-inciso il sussurrato con una voce altissima ed è venuto fuori quell’effetto lì. Quasi onirico. C’è da dire che entrambe si sono adattate alla tonalità originale, una difficoltà in più per loro.

Rossana canta: “Gli errori forse servono per continuare ad avere una vita fuori dal normale”. Potresti spiegarci un po’ più nel dettaglio questo concetto?

Il concetto è abbastanza semplice. Mi sembra di vivere immerso in un’uniformità di pensiero, di abitudini e a volte anche di emozioni. I social hanno appiattito e banalizzato le emozioni. Non c’è mai una foto di qualcuno triste, in difficoltà. Si tende a mostrare l’aspetto di festa, di “presa bene”. E così ognuno di noi pensa: “guarda come sono tutti felici; guarda quante cose fanno gli altri, ecc.”.

In realtà si tratta di un pensiero distorto, perché il dolore c’è, ma non viene mostrato. C’è una sorta di tabù riguardo gli sbagli, gli errori. Queste canzoni parlano tanto di errori.  La parola “errore” deriva da “errare” (nel senso di vagare, prendere un’altra strada). Di fatto, è proprio quando commettiamo un errore che diventiamo unici, perché quando siamo felici lo siamo più o meno tutti allo stesso modo. Ecco spiegato il verso. Non bisogna avere paura di sbagliare. Piuttosto, bisogna imparare qualcosa dai propri errori. Solo riconoscendoli, si può andare in questa direzione di unicità.

Un uragano nel nostro immaginario è un qualcosa che causa un gran trambusto. Musicalmente parlando, la tua “Uragano” trasmette invece serenità e pace. E questa sensazione è in netto contrasto con il testo del brano. Ci racconti com’è nato e cosa vuoi trasmettere attraverso questo singolo?

Uragano” è una di quelle canzoni che nascono in pochi minuti. L’ho scritta il giorno dopo che è nata mia figlia. Ero a casa da solo. Stavo ascoltando “Certi uomini” di Bianconi. Ho staccato tutto e mi sono messo al piano. La canzone ha questi contrasti perché io ero nella medesima situazione. Nella mia vita era appena passato un uragano e subito dopo, sai com’è,  c’è quella calma piatta che fa quasi paura. Mi sono immaginato mia figlia che tra vent’anni se ne va di casa, magari attraversata da conflitti, e invece nella realtà aveva solo un giorno. In un’ottica molto romantica, intesa in senso puramente letterario, tutti questi passaggi di tempo alla fine non esistono se non nella nostra testa, così come i ricordi, che in fondo sono fatti “per essere dimenticati”.

Cosa dobbiamo aspettarci dai prossimi singoli? Proseguirai su questa strada o ti piacerebbe esplorarne delle altre?

I prossimi singoli saranno sempre allegorie metereologiche o geologiche. Il terzo uscirà prossimamente e farà sempre riferimento a questo immaginario. Si tratta di una canzone che parla di traumi e cambi di tempo improvviso. Ci sarà anche un ospite speciale a cantare qualche strofa e questo mi ha riempito di gioia.

Questo tuo esperimento potrebbe “entrare in crisi” nel momento in cui si inizia a pensare ad un tour. In tal caso, porteresti con te in giro per l’Italia le diverse interpreti o torneresti a vestire i panni del cantautore? 

L’esperimento riguardava le uscite dei pezzi. L’idea era quella di “colpire” l’ascoltatore. Non escludo possibili sorprese durante il tour. Le canzoni ora sono di tutti. Sono di chi le vorrà cantare. Noi non siamo più indispensabili. Vedremo cosa succederà durante le date, ma qualcosa di curioso ci sarà. Ad esempio, a me piacerebbe che in ogni città ci fosse un interprete diverso.

Eugenio, grazie per essere stato qui con noi. Buona musica!

Grazie a voi per le domande. È stato un piacere!