Occhi

Intervista a Occhi, in gara a Sanremo Giovani 2025 con il brano Ullallà (Nigiri / Sony Music Italy), sognando un posto all’Ariston

Ullallà” è un valzer che rompe le regole del cantautorato pop moderno. Il brano si apre come una presa diretta in un dimenticato bar di provincia, con un’intro recitata da cui si sviluppa il racconto della voglia di innamorarsi tipica dei vent’anni, parallelamente alla fatica di crescere e all’incertezza del futuro, attraverso immagini vivide e piccoli dettagli evocativi della vita di tutti i giorni.

Intervista a Occhi, in gara a Sanremo Giovani 2025

Occhi, il momento è importante. Cosa rappresenta Sanremo Giovani nel tuo percorso artistico?
Sicuramente un sogno che si realizza e qualcosa che, se devo essere sincero, non mi aspettavo davvero. Ho iniziato a fare musica da poco: il mio primo brano è uscito nel 2023 e lavoro con Nigiri, la mia label, solo da gennaio. Ci abbiamo provato, ma senza l’aspettativa di entrare. È andata nel migliore dei modi.

Uno dei tuoi punti di forza è non esserti snaturato per Sanremo. Il tuo brano è particolare anche nella costruzione.
L’idea era proprio portare qualcosa che potesse risultare “strano”, ma che mi rappresentasse al 100%. Sono molto contento della scelta di portare Ulala, un pezzo che ho scritto interamente io e che considero il manifesto della mia musica oggi: immagini un po’ iperboliche, ironia e anche parti più crude. Mi ci rivedo tantissimo.

A livello strutturale, Ullallà è un valzer che rompe gli schemi del cantautorato pop contemporaneo.
Sì, nasce proprio così. Stavo suonando questi accordi in una stanzetta dell’oratorio a Lodi, dove vado per non disturbare i vicini. Ho pensato: “E se diventassero un valzer?” Appena li ho suonati mi è venuto in mente “non sparate sul pianista”, che è stata la prima frase arrivata. Ho scritto prima l’intro e poi tutto il resto.

L’intro dà subito l’idea di un bar di provincia, di un’atmosfera diversa da quella a cui ci abituano le canzoni di oggi.
Sì, mi dà una vibe nostalgica, antica, di un’epoca più analogica, forse quella dei nostri genitori. Loro raccontano storie d’amore diverse, quasi migliori. Non so se fosse così, non c’ero. Ho provato a immaginare cosa sarebbe successo se avessi vissuto in un’altra epoca, inserendo comunque vicende personali.

Anche il videoclip racconta la quotidianità. Come lo avete creato?
Ho pensato ai tre temi del brano: il ballo, l’innamorarsi a vent’anni – che nessuno capisce davvero cosa significhi – e il crescere. Ho messo insieme tutto questo con persone di età diverse che ballano. Nella mia testa era il modo più semplice per unire tutti questi ingredienti.

Il brano ha anche un messaggio importante: la musica può aiutare a sentirsi compresi nei momenti fragili.
Sì. Io provo a fare una musica senza giudizio, aperta, dove chiunque possa sentirsi a casa. Credo che la cosa bella della musica sia proprio lasciare spazio a tutti.

In Ullallà parli di amicizia, amore, crescita, incertezza. Quanto lo consideri un brano generazionale?
È scritto da un ventenne in tutte le sue sfaccettature: positive, negative, immature. In questo senso può essere un brano generazionale: permette magari ai più grandi di vedere come percepiamo la vita noi ventenni.

Anche nei tuoi pezzi precedenti – Gran Casino, Due occhi come i tuoi – racconti la quotidianità e le emozioni sincere. Quanto è importante tutto questo oggi, in un periodo in cui molti vogliono sentirsi “supereroi”?
Credo che si possa essere supereroi anche nelle cose quotidiane. A volte alzarsi dal letto e andare al lavoro è già essere un supereroe. E non se ne parla abbastanza. Per me la cosa più importante sono le relazioni di qualità: la qualità della vita si misura da quelle. Il resto è secondario.

Tornando a Sanremo Giovani: quanto può essere centrale oggi per costruire una carriera?
Molto. Per una fetta di pubblico nuova tu, da un momento all’altro, inizi a esistere. Il percorso musicale fa un gradino in più: prima era “ah sì, tu canti”, ora diventa “ok, lui fa canzoni”. È un piccolo passaggio che cambia tanto.

Secondo te qual è stato il punto di svolta che ha mostrato alla tua generazione che Sanremo può essere un vero trampolino?
Con le ultime due conduzioni di Amadeus e Carlo Conti il Festival è diventato un evento culturale totale, non solo musicale. Non è più solo “il festival della canzone”, è il festival dell’Italia. È entrato nella quotidianità dei ragazzi anche grazie alla presenza di artisti vicini alla nostra generazione. E ormai Sanremo è radicato nel nostro anno: c’è la “settimana santa di Sanremo” che tutti aspettiamo.

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