Intervista ai Follya, band capitanata da Alessio Bernabei che, a un anno e mezzo dal ritorno sulle scene, il 3 novembre ha pubblicato il primo album per Capitol Records / Universal Music Italia.
I Follya, dopo aver presentato il disco, sono pronti per i primi live ufficiali, l’8 novembre al Largo Venue di Roma e il 9 novembre all’Apollo di Milano.
Intervista ai Follya, il nuovo album
Follya, finalmente un nuovo album, 13 tracce. E’ passato un anno e mezzo, ma il risultato vale l’attesa…
Siamo reduci da due anni abbastanza tosti e l’album è il frutto di quello che siamo diventati con il tempo. Alla fine siamo molto soddisfatti perché come diciamo che ultimamente ci sentiamo un poco la versione di band che non siamo mai stati, quella che abbiamo sempre desiderato di essere che purtroppo non abbiamo potuto mai fare per diversi motivi. Ora siamo felici e ci siamo divertiti. L’album è uno sfogo per quello che è successo in tutti questi anni!
Un disco veramente variegato, si vede la vostra curiosità e passione per la sperimentazione, ci sono brani molto differenti tra loro.
È un disco adatto per ogni stato d’animo, come una playlist per le varie emozioni. Ha certamente vari generi, ma resta ancorato al concetto di pop.
Veramente, un disco che dà la possibilità di spaziare su diversi generi musicali e generazionali; dagli anni ‘80 a ritmi a suoni più contemporanei.
Ognuno di noi ha un’influenza diversa, soprattutto musicalmente. Dal punto di vista testuale ogni brano parla di esperienze avvenute e condivisibili.
Il filo conduttore di tutti i testi è la realtà. Siete riusciti a descrivere molto bene certe situazioni. E’ stato difficile farle convivere con le sonorità pop?
In questo disco, dalla prima virgola all’ultima frase, c’è la nostra penna, il pubblico avverte la sensazione la sensazione di verità che si respira in ogni traccia.
Musicalmente mi è piaciuta moltissimo “Ami odi” proprio per per quell’idea di anni ‘80 e di sonorità che rimandano a quel periodo.
La new wave anni ‘80, così come tutto il mondo synth plasticoso nel senso buono della parola, ci affascina tantissimo. Siamo affezionati a quel periodo a 360 gradi ed è bello poter mettere in un brano anche le nostre passioni extra musicali.
Gli anni ‘90 sono il riferimento principale di “Rip”, brano che ricorda gli Offsping e il punk di quel periodo.
Hai esattamente colto quel mondo. Siamo cresciuti con gli Offspring e nel brano abbiamo messo la nostra passione per quel mood. A 14 anni suonavano punk rock, esisteva solo quello, quindi l’influenza un po’ ce la portiamo dentro. Anche a 30 anni ogni tanto scende la lacrimuccia quando sentiamo i Blink182 e i brani di quel periodo. In RIP è contenuta una chitarra a sette corde, quindi ci sono delle note veramente gravi. Abbiamo proposto un suono davvero cattivo!
Questo è un brano in cui davvero si sente l’essenza di band e quella volontà di divertirvi per davvero.
Mntre scrivevamo quella canzone abbiamo continuato a ridere. E’ una canzone che fa parte del nostro mondo, di noi e ci si può trovare davvero di tutto.
Devo dire che questo progetto mi piace proprio perché è senza regole, senza filtri, senza nulla. Libero.
E’ anche fuori moda, nel senso che ci abbiamo lavorato fottendocene dei risultati. Ora vediamo quello che esce.
Fuori moda, ma allo stesso tempo generazionale. Pr esempio mi viene in mente “mister” metafora calcistica proprio per descrivere una situazione che accomuna una generazione.
Diciamo che è il brano più generazionale del disco. Giovani che sono assediati da 1000 piattaforme, 1000 modi per far arrivare le proprie emozioni, ma che sono talmente tante che rimangono bloccate molte volte. Nel brano parliamo anche di noi e della nostra volontà di buttarci, a prescindere da quello che sarà il risultato finale. Meglio un esito negativo piuttosto che non buttarsi. L’esito negativo ti aiuta a crescere; il non averlo no!
Ho trovato un senso generazionale anche in “Giuda” perché descrivete una situazione nella quale ci si può riconoscere. Credo che a ognuno possa ricordare una situazione…
Ognuno ha un “Giuda” nella propria vita. Quando è stato scritto quel brano era rabbia, essenzialmente sfogo e quando lo andremo a fare live, sicuramente tirerà fuori il demone che è in noi. Un’emozione che devi comunque fartela amica, che va canalizzata.
Il vostro ultimo disco insieme risale a otto anni e mezzo fa. Sembra veramente passato un secolo e non c’entra nulla con quello che proponete ora.
Possiamo anche dire che quella è un’era musicale diversa, perché negli ultimi otto anni il mercato, non solo italiano ma globale, è volato su un altro pianeta. Siamo reduci da cambiamenti che ci hanno mutato. Ci si evolve sempre, quel disco è ciò che eravamo allora. Anche la nuova tecnologia ci ha permesso di fare musica in modo diverso.
Questo nuovo vostro disco lo vedo come un manifesto che attendo di vedere live per esaltarne la sua varietà musicale.
Questo disco è pensato anche per il live. Negli anni il fuggire dalla solitudine è stato esorcizzato con la scrittura, la composizione. Dal vivo si sentiranno le nostre emozioni.
È da tanto che non suonate insieme per un concerto intero. Che tipo di pubblico vi aspettate?
Il pubblico che ci ha sempre seguito lo si trova sempre, anche se non è da sottovalutare. Ci aspettiamo anche un pubblico nuovo. Un mix tra chi ci ascoltava già prima e chi ci ha conosciuto artisticamente recentemente. Per noi sarà una sfida affascinante, daremo sicuramente il massimo.
Cosa ci potete dire di Sanremo?
È una vetrina importantissima, ma solo se hai il pezzo giusto. Noi non ci poniamo limiti, ma chissà se abbiamo già questo pezzo giusto…
Video Intervista ai Follya, il nuovo album
Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello” e nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia”.