Teatro Ariston Sanremo

In vista dell’edizione 2026, la tensione tra la città di Sanremo, la Rai e il mondo della discografia italiana, rappresentato dalla Fimi, è sempre più alta. Al centro del braccio di ferro c’è il nuovo bando per l’organizzazione del Festival di Sanremo, che impone un incremento significativo del corrispettivo economico da versare al Comune ligure. Una richiesta che la FIMI – la Federazione dell’industria musicale italiana – definisce “inaccettabile”, arrivando a minacciare il disimpegno delle etichette a partire già dall’edizione 2026.

A Fanpage.it, il CEO di FIMI Enzo Mazza spiega con chiarezza la posizione della discografia: «Se la Rai accettasse queste condizioni, siamo pronti a tirarci indietro». Mazza punta il dito contro il Comune di Sanremo, accusato di voler massimizzare il ritorno economico e turistico senza fare reali investimenti sul Festival.

«Gli unici due soggetti che investono sull’evento sono Rai e l’industria discografica», sottolinea Mazza. «La produzione dei brani in gara alimenta un’intera filiera: autori, editori, artisti, musicisti, ma anche il mondo del live e dei tour. Tutti dipendono dall’investimento iniziale delle etichette discografiche».

Il nuovo bando prevede un aumento del corrispettivo economico da 5,3 a 6,5 milioni di euro annui, oltre IVA, più l’1% su tutti gli introiti legati a pubblicità, merchandising, televoto e utilizzo del marchio Festival. «Sarebbe il colmo», attacca Mazza, «che la Rai aumentasse il contributo a favore del Comune, mentre le case discografiche continuano ad andare in perdita. L’unico soggetto che beneficia in modo parassitario è proprio la città di Sanremo».

Mazza denuncia che i costi per portare un artista al Festival sono esplosi: «Oggi partecipare a Sanremo costa intorno ai 120 mila euro per artista, mentre il contributo Rai non arriva a 65 mila. È un disequilibrio inaccettabile». E aggiunge: «Major e indipendenti hanno visto crescere le spese in modo esponenziale. È giusto che Rai e Comune ne tengano conto, altrimenti il rischio è che le etichette decidano di non partecipare più».

Per il CEO di FIMI, la soluzione è semplice: «Rai dovrebbe destinare quei fondi direttamente al Festival, offrendo maggiori rimborsi alle etichette. Alla fine, i soldi spesi per ospitalità e servizi tornano comunque nell’economia locale. Così almeno si sostiene chi lavora per il successo dell’evento».

Se la Rai dovesse accettare le nuove condizioni imposte dal Comune, senza garantire maggiore supporto alle etichette, Mazza è chiaro: «Siamo pronti a tirarci indietro. Non si può continuare a trattare il Festival come un’occasione d’oro solo per alcuni, mentre chi lo costruisce davvero si ritrova sempre più in difficoltà economica».

Il messaggio alla Rai è forte: prima di firmare, occorre rivedere le priorità. E se non si cambia rotta, il Festival rischia di perdere i suoi protagonisti più importanti: la musica.

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