Marco Mengoni

A poche ore dall’esordio allo Stadio San Siro di Milano, Marco Mengoni ha incontrato la stampa per svelare qualche piccolo dettaglio sul live e raccontare le emozioni che lo stanno attraversando in questi momenti pre-concerto. Al suo fianco una “band fortissima, con voci meravigliose e musicisti pazzeschi”, che vanta la direzione di Giovanni Pallotti (anche basso, synth e programmazione): Peter Cornacchia (chitarre), Massimo Colagiovanni (chitarre), Davide Sollazzi (batteria, batterie elettroniche), Benjamin Ventura (pianoforte, piani elettrici, synth), Leo Di Angilla (percussioni, ritmiche elettroniche), Adam Rust (organo, synth), Moris Pradella (backing vocalist, direzione cori, chitarra acustica), Yvonne Park (backing vocalist), Elisabetta Ferrari (backing vocalist) e Nicole di Gioacchino (backing vocalist), a cui si aggiungono durante alcuni brani Francesco Minutello (tromba), Alessio Cristin (trombone), Elias Faccio (sassofono).

“Sono orgoglioso di questa band, perché suona in maniera incredibile. Con me sul palco ci sono musicisti con cui lavoro dall’inizio della mia carriera. Siamo praticamente tutti coetanei e lavoriamo in totale sintonia. Ecco, sono tutti musicisti che vorrei in studio con me a lavorare anche ad un prossimo disc,o perché abbiamo la stessa visione e suoniamo insieme in massima libertà”.

Marco Mengoni
Marco Mengoni

Marco Mengoni, la semplicità e l’importanza delle parole

Fare San Siro non è da poco e questo Mengoni lo sa bene. Per l’esordio su un palco così importante ha dunque scelto la semplicità. Il desiderio è infatti quello di godersi questo momento, esattamente dopo 2 anni, 6 mesi e un giorno dall’ultima data del suo Atlantico Tour.

Cosa ci aspetta? Un live “suonatissimo, che lascia poco spazio al suono digitale”. E poi ci sono le parole. Una delle tematiche che Marco ha voluto affrontare in queste due date negli stadi è infatti l’importanza della parola e del verbo. “Ci sono parole che andrebbero tolte dal vocabolario – spiega Mengoni. Questa riflessione nasce a partire da un’intervista a Goran Bregovic che ho ascoltato un po’ di tempo fa. Lui diceva che nella sua lingua non esiste la parola ‘tolleranza’. Mi sono così interrogato su tutte quelle parole che andrebbero eliminate dal nostro vocabolario”.