L’Urlo” è il nuovo album del musicista e cantautore Aldo Losito, che vanta collaborazioni eccellenti: da Gary Wallis e Durga McBroom, rispettivamente batterista e cantante dei Pink Floyd, al rapper nigeriano Alilionu Donaldson, passando per il fisarmonicista Massimo Tagliata e il leader degli Après La classe Cesko Arcuti.

L’album è frutto di dieci anni di intenso e sofferto lavoro ed è una fotografia spietata della realtà, dove a vincere è però la speranza che cancella tutto il brutto del mondo. Ecco la nostra intervista!

Intervista ad Aldo Losito

Ciao Aldo e bentrovato su IMusicFun. “L’Urlo” è il tuo nuovo album, frutto di 10 anni di duro lavoro e vita vissuta. Cosa è cambiato in questi anni nel tuo approccio alla musica? La pandemia ha influito in qualche modo?

Da 10 anni ho una casa di produzione indipendente e sono un artista libero… dai contratti discografici e da ogni tipo di flusso da seguire. Ho voluto sottolineare che a questo disco si è lavorato per ben dieci anni perché ho ossessivamente cercato il mio suono e le mie poetiche. Spero di essere riuscito a creare qualcosa di unico.

Il tuo è un urlo disperato e di speranza allo stesso tempo. C’è un desiderio che oggi vorresti condividere con tutti i lettori di IMusicFun?

Il mio desiderio è che ci si fermasse più spesso, come ci si ferma per il Covid-19. Che ci fermassimo anche per le ingiustizie clamorose che accettiamo ogni giorno.

Le tue origini, la tua famiglia ed uno sguardo critico al mondo che ci circonda sono, a mio parere, i tre pilastri di questo tuo nuovo album. Se avessi a disposizione soltanto tre aggettivi come lo definiresti?

Sarei troppo vanitoso se usassi tre aggettivi. Chi fa questo lavoro con passione ci crede tanto e diventa un po’ egocentrico. Di conseguenza, non mi piacerebbe dare tre aggettivi al mio lavoro. Vorrei che li dessero gli ascoltatori. Sicuramente una cosa a cui tengo tanto è l’unicità, non somigliare a nessuno, aver creato una mia strada. Questo è sempre stato il mio obiettivo. Sono uno che, negli anni, ha fatto contratti discografici importarti e si è precluso delle possibilità pur di perseguire la propria libertà.

Siamo in un tempo in cui la canzone è tutto tranne che un’opera d’arte. Io sono sempre stato affascinato dalle poetiche e dalla ricerca del suono. Una volta, usciva un disco ogni 5 anni. La cura dei dettagli e il lavoro artigianale, che hanno fatto rimanere alcuni dischi nell’eternità, nelle produzioni di oggi mancano. Io avevo contratti di quel tipo e ho fatto delle scelte, penalizzando un po’ la mia carriera ma non la mia ispirazione.

L’Urlo” si articola in 20 tracce: una sfida nei confronti di un ascoltatore sempre più distratto e con una soglia dell’attenzione mediamente bassa. Cosa si cela dietro questa tua scelta?

Esatto! In queste 20 tracce c’è la libertà di voler dire tutto quello che si ha da dire, seppur ad una piccola nicchia e non al grande pubblico. È un guanto di sfida verso un mercato discografico così disatteso, disilluso, uniforme e ripetitivo. Le canzoni non sono assolutamente libere: devono durare 3 minuti, non avere lunghe introduzioni, avere testi verbosi, ecc.

Io vengo dal mercato pop; sono uscito nei primi anni 2000 come cantautore rock-pop. Non esiste un solo modo di far musica. È questo il mio guanto di sfida. La libertà nell’arte ha creato l’eternità delle cose. Non so quante canzoni di grande successo contemporaneo resteranno nel tempo. Quindi ho voluto distaccarmi dalle produzioni attuali, sperando di far canzoni che restino per sempre.

La cover grafica di questo tuo nuovo progetto si fa veicolo di numerosi messaggi. Ce la racconti dettaglio dopo dettaglio?

Mi piacerebbe raccontarti un aneddoto. Io avevo un’amica su Facebook che faceva dipinti astratti. Prima ero più dark, poi mi sono innamorato dei colori. Io non sono un esperto di quadri, però guardavo le sue opere con molto fascino. Mi venne così in mente di chiederle di disegnare la copertina del mio disco. Scoprì solo successivamente che era la sorella di Vince Pastano, l’attuale produttore di Vasco Rossi.

L’urlo” è stato il pezzo che ha ispirato il quadro e che ha poi dato il titolo all’album. La canzone denuncia i morti in mare, un’altra triste realtà che abbiamo accettato e per la quale si è fatto poco, o nulla. La canzone è nata quando si parlava di “Mafia Capitale” delle intercettazioni telefoniche tra Buzzi e Carminati.

Io non sono un cantautore triste. Anzi, il sorriso di mia figlia guarisce tutto e genera speranza, voglia di lottare e di fare tutto con il massimo dell’entusiasmo.

E questo è anche l’album degli incontri. Tante sono infatti le collaborazioni: da Durga Mc Broom e Gary Wallis dei Pink Floyd in “L’ultimo respiro” ad Alilionu Donaldson in “Non ci sarà mai pace”… perché la pace nascerà solo dall’incontro e dalla nostra capacità di accogliere l’altro. È forse questo il collante che tiene insieme tutte e 20 le tracce?

Sì, sì. Alilionu Donaldson è un rifugiato politico che incontrai per caso e a cui chiesi di scrivere una preghiera rap per la sua terra. “Non ci sarà mai pace” è stata registrata diversi anni fa. Si tratta di un vero e proprio esperimento ritmico.

Il tuo è anche un urlo pieno d’amore dedicato a Taranto. Ovunque tu vada, cosa ti porti di questa città? Cosa, invece, le auguri per il futuro?

Quello che mi porto di Taranto è una natura meravigliosa. Io ho girato l’Europa e anche un po’ di mondo e non ho mai trovato la magia della mia terra. Negli ultimi dieci anni la Puglia si è rivelata per quello che è anche agli occhi del mondo. È una terra defraudata, piena di contraddizioni. Bisogna spendere tutto per la sua rinascita.

L’Italia se vuole ripartire deve cominciare a curare le ferite di queste sue piccole realtà, che diventeranno grandissime per il turismo, la cultura, ecc. Taranto era la capitale della Magna Grecia. È un patrimonio inestimabile! E il mio dovere morale, quando vado in giro, è spiegare a tutti che Taranto non è l’Ilva. È magia, natura, terra di persone creative.

Nell’album c’è una frase che riassume questa mia denuncia: «Questo è l’urlo dei dispersi contro il grasso delle panze che ha coperto le coscienze». Io non me la prendo con gli altri, ma con noi. Dobbiamo cambiare la nostra cultura, innaffiare il nostro giardino e renderlo più bello di come l’abbiamo trovato, creando con entusiasmo un effetto domino.

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