Cabruja è il primo album dell’omonimo cantautore venezuelano, genovese d’adozione. L’album è stato anticipato dal singolo Father Lucifer ed è arricchito dalla partecipazione di Paolo Fresu nel brano Gloomy Sunday.
L’album rappresenta un viaggio a molteplici livelli. Dal Venezuela all’Italia, dagli anni formativi dell’adolescenza all’età adulta conclamata, dall’amore alla solitudine, dalla mera esistenza alla consapevolezza di se stessi, dalla vita alla morte.
Cabruja omaggia gli artisti e le canzoni che l’hanno accompagnato durante la sua vita, interpretandole in chiave personalissima e intima. I brani sono legati da un sottile filo rosso non subito apparente, ma che intercetta sensazioni e immagini che fanno parte del mondo dell’artista.
Sono presenti inoltre due brani inediti, scritti da Cabruja stesso, Lisboa Tbilisi e La Corazonada, che parlano del dialogo tra “un prima” e “un dopo”, un passaggio difficile ma necessario per l’evoluzione di una persona, così come l’inevitabile lutto da elaborare quando si lascia indietro una parte di se stessi.
L’atmosfera drammatica creata dagli arrangiamenti di Giancarlo Di Maria, Cristiano Alberghini per All Mine e Denis Biancucci per la parte pianistica di Alfonsina y el mar, risulta talvolta epica e profondamente malinconica grazie all’esecuzione magistrale dei musicisti che fanno parte di questo progetto.
Questa la tracklist.
- Father Lucifer (Testo e Musica Tori Amos)
- Lisboa Tbilisi (Testo E. A. Losada Cabruja, Musica E. A. Losada Cabruja – G.Di Maria)
- Gloomy Sunday (Testo e Musica Laszlo Javor, Rezso Seress)
- B line (Testo e Musica Andrew Barlow, Ann Louise Rhodes)
- La Corazonada (Testo E. L. Cabruja, Musica E. L. Cabruja – G. Di Maria)
- Mi Querencia (Testo e Musica Simón Díaz)
- Unravel (Testo e Musica Thomas Knak – Björk)
- All Mine (Testo e musica Adrian Utley, Beth Gibbons, Geoffrey Paul Barrow)
- Alfonsina y el mar (Testo e Musica Ariel Ramírez, Félix Luna)
Intervista a Cabruja
Appena uscito il nuovo album che prende il tuo nome: “Cabruja”, 9 tracce che parlano di te, un’autobiografia direi. Perché hai voluto che il tuo primo album parlasse di te?
Mi sembrava la cosa più naturale possibile. È un biglietto da visita in un certo senso. Mi sto presentando al mondo, quindi ha senso far vedere chi sono, o almeno una parte di me.
Sei Venezuelano di origini, Italiano di adozione, anzi Genovese direi, innamorato di quella città al punto di esserci rimasto dopo un dottorato di ricerca. Come è andata effettivamente?
Io sono sicuro al 100% che potrei trovarmi ovunque e riuscire a stare bene. Sono molto adattabile in quel senso. Penso tra l’altro che noi latinoamericani siamo particolarmente cosmopoliti, forse per il fatto che siamo il risultato di una mescolanza non da poco: portiamo mondi interi dentro di noi e li portiamo ovunque.
Detto questo, è anche vero che sradicarsi non è un atto semplice. Implica un grosso sacrificio, un investimento emotivo molto impegnativo. Per adesso mi trovo bene qui.
Adoro questa città, adoro i rapporti che ho creato con gente di questa città. Sono i mattoni con cui ho costruito la mia casa qui, e ci sto bene. Comunque non è detto che morirò qua, anche se il Cimitero di Staglieno è uno dei miei luoghi preferiti di questa città.
Nel brano “Gloomy Sunday”, troviamo un grande Paolo Fresu il quale ci ha messo “lo zampino”, come nasce questa collaborazione?
Fresu va spesso in studio per i suoi progetti e Raul Girotti, proprietario dello studio e produttore di Cabruja, gli ha chiesto se volesse partecipare. Una cosa molto spontanea, quasi “al volo”. Paolo Fresu è evidentemente molto generoso e ha onorato Gloomy Sunday, una canzone che ho sempre voluto cantare, resa da lui ancora più speciale.
Tori Amos pare sia la tua musa ispiratrice, un idolo, alla quale hai dedicato una tua versione di “Father Lucifer”, addirittura l’apripista dell’intero album. Cosa ha rappresentato e cosa rappresenta per te questa grande Artista?
Tori Amos è uno di quei amori che nascono durante l’adolescenza e che poi rimangono. Associo la sua musica a tanti momenti della mia vita, belli e brutti, quindi è una specie di rifugio. Mi conforta. Mi fa ricordare chi sono stato e anche chi sono ancora.
Hai dichiarato che questo primo lavoro rappresenta per te una sorta di laboratorio per poter apprendere in prima persona cosa sia effettivamente questo mondo fantastico chiamato Musica. Quali sono stati i risultati sia emotivi che professionali?
Un sacco di crescita, direi. Capire come funziona una parte dell’industria è sicuramente la chiave per navigarci. Emotivi … è stato impegnativo. Lo è ancora. Il fatto di rispondere a queste domande fa parte di tutto.
Per quanto mi piaccia molto parlare, e soprattutto parlare di me, non sono abituato al fatto che qualcuno si interessi più di tanto a quello che potrei avere da dire. E poi c’è anche la questione di effettivamente avere qualcosa da dire. Io sono molto verbale, nel senso che verbalizzo molto, ma non sempre faccio delle elaborazioni su tutto ciò che faccio o mi succede.
A volte anche la domanda più semplice mi “triggera”. Devo pensare bene le risposte da dare, perché vorrei essere il più onesto e fedele possibile a quello che ho nella mia testa, ma in questa testa c’è una tempesta. Non è sempre facile essere chiari.
La lunghezza di questa risposta e come mi sono assolutamente deviato dal tema dovrebbe darti un’idea di come stanno le cose.
Hai superato gli “anta” e ti ritrovi ad affrontare un percorso pieno di insidie e difficoltà, come si pone Cabruja al pubblico e quali sono le tue aspettative?
Io ho superato gli “anta” tanto tempo fa. Non fare caso ai miei dati anagrafici.
Non sono un personaggio, al pubblico mi pongo così come sono. Ma ovviamente sto dando a vedere solo alcuni aspetti di me. Altri verranno fuori col tempo, oppure no. Onestamente non posso saperlo.
Fantastico molto: avere successo, riuscire a fare tante cose in questo ambito, avere più soldi, tutte quelle cose con cui qualsiasi artista emergente sicuramente sogna ad occhi aperti. Sarebbe bello che quello che hai da offrire venga così apprezzato, ma penso che sia più importante essere soddisfatti con se stessi, consapevoli di aver fatto un buon lavoro.
Tu sei anche un Insegnate di liceo e quindi a contatto con i giovani, parli mai di musica con loro? Sanno del tuo amore per essa?
Certo che lo sanno. Ho cantato anche a scuola e alcuni hanno pure preso il cd. Mi hanno aggiunto alle loro playlist su Spotify.
Di musica ne parlo, si. Mi fanno ascoltare quello che piace a loro, e commentiamo. Alcune cose mi piacciono, altre proprio no. Ecco, sono in queste circostanze che sento con tutte le forze l’aver superato gli “anta”
Qual è l’obiettivo di Eduardo, il suo sogno, ce lo puoi raccontare?
Vorrei essere sereno e soddisfatto della vita che avrò vissuto giusto quell’attimo prima di morire.
Foto di Luca De Vincentis
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Penso, parlo, organizzo e scrivo di musica da oltre 30 anni.