Claudym

Jameson Distilled Sounds fa tappa a Roma per il primo dei suoi tre grandi eventi live in Italia il 5 dicembre 2024 presso l’Hacienda dalle ore 21; ne abbiamo parlato con Claudym, ospite insieme a Willie Peyote.

Intervista a Claudym, sul palco dell’Hacienda di Roma per Jameson Distilled Sounds

•⁠  ⁠Come ti sei sentita a essere scelta come protagonista per il progetto Jameson Distilled Sounds? Cosa significa per te esibirti in un contesto così prestigioso?

È stata sicuramente una sorpresa e una scossa arrivata in un momento in cui avevo bisogno di affrontare una nuova avventura e tornare a vivere con positività la musica. Per me essere sul palco del Jameson Distilled Sounds è davvero un grande onore.

•⁠  ⁠Questo evento celebra l’incontro tra musica e comunità. In che modo pensi che la tua musica possa connettersi con il pubblico in un ambiente come quello dell’Hacienda?

Sarà la mia prima volta live a Roma e di conseguenza all’Hacienda, quindi non so davvero cosa aspettarmi. Ma in generale nei miei live voglio far divertire e connettermi col pubblico in modo amichevole, senza prendermi troppo sul serio, e sono convinta che ci sarà la giusta energia per farlo.

•⁠  ⁠”Una Serie di Sfortunati Eventi” è il tuo ultimo singolo, nato in studio con Riccardo Zanotti e okgiorgio. Com’è stato lavorare con loro?

Ho un bel ricordo di quelle giornate in studio insieme. Con Giorgio lavoravo già da un po’, avevamo fatto insieme l’ep Un-Popular e parte dell’album uscito a marzo di quest’anno, ma con Riccardo é stata la prima volta e ci siamo trovati davvero bene. Non so se fosse il suo modo di stare in studio molto vicino al mio o la sua empatia così spiccata da adattarsi alle mie modalità, ma mi ha fatto sentire compresa e rispettata, e di conseguenza il brano é nato in modo molto spontaneo.

•⁠  ⁠Il brano chiude un capitolo del tuo percorso artistico. Qual è il messaggio principale che vuoi lanciare con questa canzone?

In qualche modo ‘Una serie di sfortunati eventi’ celebra il disco, chiudendolo, anche se è stato uno dei primi pezzi scritti e che senza accorgermene ha un po’ influenzato i testi dell’intero disco. In generale in tutto il mio progetto musicale voglio comunicare e difendere l’imperfezione umana, almeno, quando questa può incontrare l’ironia. Siamo così lontani dalla perfezione da essere anche vittime degli eventi e della sfiga, nessuno escluso, perciò ci piaceva esorcizzare un po’ questa sfortuna di cui si parla poco per paura di svegliarla o forse di dare un’immagine di sé meno potente. Io trovo invece che sapersi prendere poco sul serio sia la forma di sicurezza più grande.

•⁠  ⁠Le “deviazioni” e gli “incidenti di percorso” sono al centro dell’album. Come queste esperienze hanno influenzato la tua crescita artistica e personale?

Tantissimo, quest’anno in particolare, forse il disco è stato un po’ premonitore ahaha. Il 2024 è stato un anno artisticamente e personalmente faticoso che, guardando al futuro, credo mi abbia fatto piantare qualche semino per crescere tanto.

•⁠  ⁠“Incidenti di Percorso” mescola ironia, introspezione e critica sociale. Quale canzone senti più vicina al tuo vissuto personale?

Sicuramente ‘Ragioni sbagliate’. È un brano che mi ha fatta riemergere da un momento faticoso in cui volevo fermarmi. Ho proprio il ricordo di me seduta al piano che scrivo questo testo quasi come se esistesse già e lo stessi trascrivendo per la rapidità con cui l’ho fatto, e in questa immagine è come se riuscissi a vedere anche quel peso che man mano si solleva e se ne va. Da lì poi sono ripartita.

•⁠  ⁠In “Uomini Alfa” critichi la cultura patriarcale. Qual è l’obiettivo principale che ti sei posta affrontando un tema così rilevante?

In realtà in origine nessuno in particolare, ho semplicemente voluto raccontare quella che é la normalità per una ragazza in discoteca, senza la pretesa di denunciarla. Non perché non volessi, anzi poi l’ho fatto, intendo dire che lo scrivere questa canzone era più mosso dall’idea di parlare di una serata tra amiche, fare una canzone da club, piuttosto che criticare la cultura patriarcale. Purtroppo però certe dinamiche sono così radicate nel nostro quotidiano che man mano che recuperavo i ricordi di queste uscite non riuscivo ad escludere dal racconto il resto, e questo è davvero problematico. È stato alla fine un concatenarsi di cose, che mi hanno acceso la lampadina e fatto cambiare direzione durante la scrittura. L’approccio però é un po’ rimasto lo stesso e maliziosamente contrastante: una canzone da club, alla fine leggera, come la leggerezza con cui certi atteggiamenti vengono ripetuti nella vita di tutti i giorni, forse in un club, forse mentre stai ballando proprio questa canzone.

•⁠  ⁠La varietà sonora del tuo album spazia dal pop all’elettronica. Come hai lavorato per creare questa contaminazione musicale?

È venuto naturale per gli ascolti molto diversi che faccio e che negli anni mi hanno ispirata. Lavorando alla mia musica ho capito che alla fine gli elementi fondanti del mio suono sono per forza le chitarre e il basso bello cazzutto e dal sapore elettronico. In percentuali diverse queste due cose ci sono sempre nei miei pezzi e si uniscono su ambienti, influenze e suoni diversi per seguire poi una linea coerente. A me piace sperimentare e fare qualcosa che non mi aspetto e spero che anche chi mi ascolta non si aspetti di sentire da me. Poi mi diverte tantissimo scoprire se mi riesco ad adattare a mondi differenti, è un po’ come creare sempre qualcosa di nuovo nel proprio percorso.

•⁠  ⁠Dopo il successo delle date come opening act dei Pinguini Tattici Nucleari, cosa hai imparato dall’interazione con una platea così vasta?

Non ti so rispondere ahaha nel senso: ho un grandissimo rispetto verso il mondo dei live, che è una dimensione davvero complicatissima e che richiede tanta esperienza prima di poter iniziare ad imparare qualcosa. Di quei concerti (quelli del tour dell’ep) per esempio ricordo la paura perché erano i miei primi. Cercavo semplicemente di andare avanti ed arrivare alla fine del live perché ero divorata dall’ansia. Forse quello che ho imparato dai palazzetti è solo che si sopravvive ahah. In questo nuovo capitolo, legato all’album, invece ho iniziato ad imparare da ogni data qualcosa: intanto a divertirmi e finalmente riesco a farlo. Mi piace per esempio mettermi alla prova, inserire sempre quella difficoltà in più per testarmi, cosa che prima non avevo il coraggio di fare. Ho meno paura di sbagliare e questo è già qualcosa ma ogni data è così imprevedibile (per il pubblico che hai davanti, per la tecnica ecc) che diventa una scuola che non si finisce mai di frequentare.

•⁠  ⁠Come cantautrice e illustratrice, quanto conta per te l’aspetto visivo nel raccontare le tue storie musicali?

É estremamente importante perché mi permette di aggiungere un tassello al racconto, in più vivendo in un’epoca in cui si fa tanta attenzione al visivo diventa anche un po’ necessario. Però è un racconto che fa parte di me e mi viene naturale fare, mi diverte. Ho sempre detto che sono cresciuta con gli iconici video di mtv degli anni ’90, che mi hanno ispirata tantissimo. Sarebbe bellissimo se al pubblico interessassero ancora i videoclip ma purtroppo la soglia dell’attenzione si è ridotta e ci rimangono i reel, ai quali mi aggrappo assiduamente ahah. Ma oltre a questo anche comunicare un messaggio con le copertine dei singoli, piuttosto che raccontare con attenzione il proprio immaginario attraverso un merch… per me ritagliarmi il tempo per farlo è un privilegio enorme, mi annoierei un sacco a scrivere solo canzoni e vedere il resto come un contorno. 

•⁠  ⁠Sei stata selezionata da Keychange per il programma di sviluppo dei talenti. Come valuti il tuo ruolo nell’abbattere il gender gap nell’industria musicale?

Penso che nel concreto il vero ruolo nel gender gap, il potere di cambiare nel tempo le cose, ce l’abbiamo banalmente quelli che “dettano le regole” (chi fa le lineup dei concerti, le discografiche, ecc.). Ogni donna che fa musica cerca di abbattere questo divario semplicemente esistendo in questo contesto e cercando di far capire che si può esistere in vari modi: deve esserci la popstar, chi la musica la suona, chi la scrive, chi la canta e basta, chi si mette una gonna e chi fa un live coi vestiti stropicciati, e così via. Quello che faccio io è semplicemente raccontarmi per quello che sono e sperare di incoraggiare qualche ragazza che si sente in qualche modo simile a me, a provarci. Il problema é che la diversità viene molto filtrata, al grande pubblico non vengono date le alternative, e ne risentiamo in generale artisticamente ma anche in termini di donne che poi vogliono iniziare a fare musica, facendone crescere il numero. Quindi, ripeto, penso che attualmente il mio contributo e quello di altre artiste nell’abbattere il gender gap sia quello di esistere in ogni sfumatura di diversità che ci contraddistingue.

•⁠  ⁠Oggi qual è il messaggio principale che vuoi trasmettere con la tua musica e il tuo approccio artistico?

Banalmente essere umana, che è una definizione che per me ha tante connotazioni: come dicevo prima avere il coraggio di essere imperfetta; essere empatica; essere vicina a chi mi ascolta; essere fragile, e così via. A volte mi é stato consigliato di non dire o non fare certe cose, ma io ho sempre difeso la mia libertà di sbagliare. Sono stata educata al rispetto e alla correttezza, però ogni giorno decido di testare il mio coraggio cercando di fare anche qualcosa che non potrà accontentare tutti. É una lezione costante che mi impongo di seguire per essere una persona e un’artista tridimensionale.