Intervista al cantautore bresciano Albe che, con il suo stile intimo e contemporaneo, ha svelato un nuovo singolo intitolato “Cercapersone“. Questo brano rappresenta un’ulteriore tappa della sua evoluzione artistica, preludio alla pubblicazione del suo primo album full-length nei prossimi mesi.
“Cercapersone” è una ballad pop/rock dal respiro internazionale, caratterizzata da un sound autentico e viscerale, interamente suonato da una full band e prodotto da Alessandro Gemelli e Simone Giacomini. Il brano esplora l’importanza dei legami veri, quelli che resistono al tempo e che ci riconnettono alle nostre radici, ai luoghi e alle persone che ci fanno sentire a casa. La canzone offre un equilibrio tra malinconia e slancio emotivo, con un ritornello corale pensato per essere cantato a cuore aperto.
Intervista ad Albe
Ciao Albe. Torni con un nuovo singolo, “Cercapersone”, una ballad dal sapore internazionale. Cosa rappresenta questo brano nel tuo percorso artistico?
“Cercapersone” mi rappresenta profondamente: è il momento in cui mi ritrovo circondato dalle persone che amo. Non parlo solo di amore romantico, ma di amici, famiglia, mia sorella, mio fratello… È una canzone che parla di affetti sinceri. L’amore, spesso, viene raccontato in modo scontato, ma credo che sia più difficile essere credibili quando si parla di cose semplici. Eppure, è proprio in quella semplicità che risiede un senso artistico autentico.
Dal punto di vista del suono e della scrittura, come ti senti cambiato rispetto agli esordi?
Sicuramente è cambiato l’approccio. Oggi non riesco a scrivere canzoni “tanto per”, devo avere qualcosa da dire, qualcosa che mi smuove. Per esempio, nel mio futuro album ho scritto una canzone su un ragazzo che vende le rose la sera. Mi sono stupito da solo, perché era un tema lontano dal classico amore romantico, eppure anche quello è amore, in un certo senso. Mi piace sorprendermi, scrivere qualcosa che poi io stesso ascolterei volentieri.
Questa attenzione al dettaglio e alla tua verità si nota anche nel modo in cui canti. Quanto conta per te l’approccio cantautorale oggi?
Conta tantissimo. Cerco sempre di raccontare qualcosa che mi rappresenti. Anche il personaggio di Rosario, quello del venditore di rose, è un ricordo vero: c’era davvero un ragazzo nel mio paese che faceva quello, e ancora oggi quando torno a casa lo incontro. È un modo per mettere pezzi reali di me dentro la musica.
Sul piano sonoro, questo singolo ha un respiro internazionale. Com’è nato il lavoro in studio?
È stato tutto suonato dal vivo, anche la batteria è stata microfonata e registrata live. Per me è stata una novità totale, ma bellissima. Ho lavorato con professionisti veri, e mi sono fidato completamente di loro. Abbiamo chiamato i musicisti della nostra band – batterista, chitarrista, bassista – e le produzioni sono state rielaborate insieme. È uscito tutto in modo molto naturale. Questa spontaneità ha reso il processo speciale.
Come pensi che il pubblico percepirà ascoltando questa nuova canzone, sia a livello sonoro che testuale?
Credo che si noterà un approccio musicale più maturo, influenzato dalle nuove reference che ascolto oggi. Il sound è curato nei dettagli, e questo è anche merito dei professionisti con cui ho lavorato. Per quanto riguarda il testo, ho cercato qualcosa che piacesse prima di tutto a me. Avevo difficoltà ad apprezzare ciò che scrivevo – mi “cringiava” – ma ora sto imparando a scrivere cose che mi piacciono davvero, che ascolterei anche se le avesse scritte qualcun altro. E questa è una piccola conquista.
C’è qualcosa, nel tuo processo artistico, che oggi ti rende particolarmente orgoglioso?
Sì, il processo stesso. Non il punto di partenza né quello d’arrivo, ma proprio il viaggio. Vedere come maturi tu come persona e come con te matura anche la musica è bellissimo. Viviamo in un mondo in cui ci sono infiniti artisti, e l’obiettivo è riuscire a far emergere un’identità vera. Io cerco di farlo attraverso questo processo, che mi rappresenta profondamente.
Hai accennato all’album su cui stai lavorando. In un’epoca dominata dai singoli e dall’ascolto veloce, ha ancora senso per te pubblicare un disco?
Secondo me ha stra-senso. Anch’io, all’inizio, la pensavo come dici tu: che l’album fosse superato. Poi ho capito che i singoli sono un po’ un “giochino”. Se vuoi costruire qualcosa di solido – un live, una fanbase, un’identità artistica forte – hai bisogno di un album. Un disco è come un libro: se pubblichi un capitolo ogni sei mesi, alla fine tutto si disperde. Invece l’album ti permette di creare un progetto, di lasciare qualcosa che resti nel tempo. Anche se magari fa meno numeri, consolida di più il legame con chi ti segue.
Mi sembra che tu abbia un approccio molto equilibrato, in cui non manca l’uso dei social. TikTok, per esempio, è stato importante per te…
Sì, è stato importante e lo uso ancora. Ma anche lì sono cambiato: comunico in modo diverso rispetto a qualche anno fa. Faccio forse meno numeri, ma ho imparato ad accettarlo. Prima vivevo “di numeri”: aprivo Spotify e guardavo gli ascolti ogni mattina. Oggi no. Ho capito che è più sano godermi il percorso, la bellezza di quello che sto facendo. Se ci sono meno persone, ma sono vere, benissimo. Meglio pochi ma buoni. Spero, ad esempio, un giorno di poter fare un tour con 500 persone a data: magari non saranno stadi, ma per me sarebbe un sogno.
E il live, in tutto questo, quanto conta?
Conta tantissimo. Fa parte della musica, è l’estensione di quello che fai in studio. Ed è anche lì che capisci se quello che fai ha davvero un senso. È il momento in cui si crea quella connessione reale, forte. E l’album, ancora una volta, aiuta a dare senso anche a quel momento. Perché poi, magari tra cinque anni, riascolti quel disco e ti ricordi tutto.
Nel 2024 hai vinto Area Sanremo sfiorando il Festival. Per un artista della tua generazione è ancora un sogno partecipare al Festival?
No, non lo definirei proprio un sogno. ‘Sogno’ è una parola grossa, è un’altra cosa. Il mio sogno è essere in tutta la vita, fare questo mestiere per sempre, capito? Quello è il sogno.
Sanremo è un sogno, sì, ma in un’altra prospettiva: è il sogno come vetrina, come occasione per farsi conoscere da un nuovo pubblico.
Se mi chiedi dove vorrei essere esposto maggiormente, ti rispondo Sanremo, ovvio, bellissimo. Ma se mi chiedi qual è il sogno della mia vita, no, non è quello.
Credo che il sogno vero, per un cantante, sia fare un tour della madonna, magari in posti che sogni da sempre, fare dischi che restano.
Sanremo se arriva, arriva, ma devi essere pronto. Devi avere una gavetta alle spalle. Secondo me per farlo bene serve quello, e io non ce l’ho ancora. Sto lavorando per costruirla, per prepararmi. Se un giorno dovesse capitare, voglio arrivarci pronto.

Speaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello”, nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia” e nel 2205 “Ride bene chi ride ultimo”
📢 Segui iMusicFun su Google News:
Clicca sulla stellina ✩ da app e mobile o alla voce “Segui”
🔔 Non perderti le ultime notizie dal mondo della musica italiana e internazionale con le notifiche in tempo reale dai nostri canali Telegram e WhatsApp.
