Fast Animals And Slow Kids

HOTEL ESISTENZA è il settimo album da studio dei FAST ANIMALS AND SLOW KIDS, pubblicato da Woodworm in licenza esclusiva M.A.S.T./Believe. Qui il link per l’acquisto dell’album.

Oltre ai singoli “Festa” e “Come No” che negli ultimi mesi hanno anticipato l’arrivo dell’album, “HOTEL ESISTENZA” contiene altri nove brani, portando al culmine tre anni di lavoro e vita che hanno trovato la loro sintesi in studio dove Aimone Romizi (voce, chitarra), Alessio Mingoli (batteria, seconda voce), Jacopo Gigliotti (basso) e Alessandro Guercini (chitarre) si sono raccolti nuovamente dopo il precedente album “È già domani” (2021) e una lunghissima serie di concerti in Italia e in Europa.

Intervista ai Fast Animals and Slow Kids

E’ uscito il nuovo album Hotel Esistenza. Cosa rappresenta per voi questo disco?
È una grande domanda, perché è una di quelle che ti poni alla fine del percorso, e noi ci sentiamo ancora dentro! Per ora, rappresenta un immaginario ben definito: quello di una band rock che racconta storie personali nel 2024. Usiamo la musica come estensione del nostro sentire, delle nostre emozioni, ed è un modo di esprimersi che può sembrare un po’ arcaico oggi. Hotel Esistenza è sicuramente un passo avanti nel nostro percorso, un disco che unisce le esperienze passate con una grande libertà creativa.

Il disco riflette il passaggio dalla giovinezza all’età adulta. Come avete tradotto questa evoluzione in musica?
È vero, è un passaggio importante. Rispetto agli altri album, non ci siamo imposti nessuna pressione su quale genere seguire: non abbiamo detto “Facciamo un disco punk o pop”. Abbiamo scritto circa 42 canzoni e il lavoro più difficile è stato scegliere quali mettere nel disco. La sfida è stata trovare un focus tra tutte queste idee. In questo ci ha aiutato molto Giovanni Pallotti, il nostro produttore, che ha saputo dare una visione generale al progetto.

A proposito di Pallotti, il lavoro fatto con lui e l’esperienza dell’orchestra sembrano aver arricchito il vostro sound.
Sì, è un percorso che va avanti da due dischi. Il tour con l’orchestra ci ha fatto capire che possiamo affrontare arrangiamenti più complessi senza paura. Ogni disco è un passo avanti, e questa volta siamo riusciti a sperimentare ancora di più. Siamo meno spaventati dall’aggiungere elementi nuovi ai brani.

Parlando dei testi, in Una vita normale affrontate il tema dell’accettazione della propria unicità. Può essere considerato il manifesto dell’album?
Sì, assolutamente. Una vita normale racconta l’idea che tutte le vite sono normali nella loro unicità. È una riflessione semplice ma importante: normalizzare la propria vita, allontanarsi dall’idea che una vita debba essere vissuta in un certo modo per essere considerata valida. È un concetto forte che abbiamo voluto mettere all’inizio del disco, perché per noi rappresenta una dichiarazione di intenti.

Anche in Festa parlate di frustrazioni sociali. È il brano che dà il titolo al tour. Cosa rappresenta per voi?
Festa è un brano che nasce dalla nostra esperienza personale, racconta momenti di riflessione e confronto con le nostre vite. Musicalmente, ha un ritmo power pop che riflette bene il nostro stato d’animo, tra momenti più morbidi e altri più ruvidi. È un pezzo che parla di sfide e di trovare un equilibrio nelle esperienze quotidiane.

Un altro brano che mi ha colpito è È solo colpa tua, dove parlate di libertà. Come è nata questa canzone?
È solo colpa tua ci riporta ai primi tempi della band, con influenze emo punk alla Jimmy Eat World. Parla del peso della libertà, di quando non riesci più a sostenerla. È un pezzo che affronta il senso di colpa e la difficoltà di mantenere la propria libertà, specialmente quella del proprio io più autentico.

In Torna, invece, la ripetizione del titolo diventa quasi un mantra. Qual è il significato di questa scelta stilistica?
Sì, il mantra di Torna è centrale. Ripetere mille volte la parola “torna” dà forza al concetto, rende più intenso il bisogno dell’altra persona. È una canzone d’amore, ma la ripetizione continua rafforza l’urgenza del messaggio.

Come è cambiato il vostro modo di scrivere e parlare d’amore nel tempo?
Inizialmente eravamo molto cauti nel parlare d’amore, evitavamo persino di usare parole come “cuore” o “amore”. Poi abbiamo capito che per parlare d’amore devi usare anche quelle parole, devi essere più libero. Ora non abbiamo più paura di esternare i nostri sentimenti, e Quasi l’universo rappresenta questo cambiamento: non è solo una canzone d’amore, parla del concetto di “noi”, dell’unione con l’altro.

Il tour è alle porte e molte date sono già sold out. Cosa dobbiamo aspettarci dai live?
Il tour sarà qualcosa di speciale! Stiamo lavorando su una scenografia particolare, sarà uno spettacolo più che un semplice concerto. Stiamo curando molto anche i suoni, soprattutto delle chitarre, per portare sul palco tutte le sfumature dei pezzi. Sarà un’esperienza visiva e sonora davvero potente!

Qui il link per l’acquisto dei biglietti.

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