Già disponibile in tutti i digital store, “Occhi” (Infecta Suoni & Affini / ADA Music Italy) è il nuovo album di inediti di Martino Adriani e parla di storie di amori e di mostri, di occhi e di posti, con una sensibilità pop sfumata qua e là da colori vintage, dissonanti e psichedelici.
«“Occhi” è un album che amo definire ‘cinematografico’, in cui ogni canzone ha un’ambientazione e uno stile di produzione del tutto proprio e differente dagli altri brani. Nessuna ‘over produzione’, ma un lavoro dosato, a tratti minimale, che prova ad abbracciare orizzonti non proprio convenzionali».
Intervista a Martino Adriani: “Occhi”
Ciao Martino, bentrovato su IMusicFun. Ci racconti la genesi del tuo nuovo album “Occhi“?
Ciao a tutti! Diverse canzoni del disco sono state scritte fra il 2018 e il 2019, periodo in cui vivevo a Roma. Le altre invece sono nate dalle ceneri del Covid in Cilento, nei due anni successivi, ad eccezione dell’ultimo singolo – “Lampadina” – che ha visto la luce in tempi recentissimi.
In questo album mi sono lasciato ispirare dalla potenza e dall’elettricità di certi sguardi: magnetici, intriganti, teneri, dolci, cupi e bugiardi. Nelle undici tracce che compongono questo mio nuovo lavoro ci sono gli occhi di tante persone: occhi che mi hanno commosso, che mi hanno fatto innamorare, che mi hanno ferito e che mi hanno dato quiete.
Il fil rouge dell’album sembra essere l’amore, soprattutto quello che finisce…
Sì, è difficile sopravvivere all’amore che muore, a certe improvvise distanze, all’amara nostalgia di un incanto svanito. E ancor più dolorosa è la perdita di fiducia nell’amore, che però – paradossalmente – può trasformarsi in una liberazione.
All’interno di “Occhi” c’è un brano che rappresenta più di tutti gli altri?
“Mostri” è il brano che mi sento più cucito addosso, perché ci sono posti del cuore e dell’anima da cui è complicato allontanarsi, ma ci sono anche mostri difficili da domare.
Perché definisci il tuo genere “post-cantautorato“?
Faccio un po’ fatica a definire il mio genere in qualche modo, perché non riesco a classificarlo. Mi sento un ibrido. Il mio è un pop “imbastardito” da una moltitudine di influenze e colori. Ecco, non mi sento un cantautore “classico” ed è per questo che mi sono autodefinito un “post-cantautore”.
Qual è stata la scintilla che ti ha fatto innamorare della musica?
Ricordo i primissimi approcci. All’età di 8/9 anni mi ritrovai a guardare in televisione, con gli occhi curiosi di un bambino, l’esibizione dei Quintorigo sulle note di “Rospo” al Festival di Sanremo e me ne innamorai follemente. Ed è forse per riconoscenza che, più di vent’anni dopo, ho voluto dare lo stesso titolo a una mia canzone.
Qualche tempo dopo, recuperai in un vecchio scatolone in soffitta una musicassetta di mio padre – “Mio fratello è figlio unico” di Rino Gaetano – e la divorai per mesi. In età pre-adolescenziale, invece, ricevetti come regalo la VHS del Magical Mistery Tour dei Beatles e una chitarra, con la quale composi la mia prima canzone, che non dedicai alla mia fidanzatina (mi sono riscoperto romantico in tarda età), ma alla mia vicina di casa che non sopportavo.
Credo che queste siano state le prime piccole scintille d’amore verso la musica!
Lo scorrere del tempo, invece, come e quanto ha cambiato te e la tua musica?
Negli anni il mio percorso artistico ha avuto notevoli mutamenti, che hanno riguardato sia la musica che i testi. Di fatto, le canzoni degli esordi sono caratterizzate da una vena molto ironica, a tratti comica, scudo per ribellarmi alle convenzioni culturali e per raccontare quelle che erano le mie turbe. Già con il precedente album, però, ho deciso di mettermi a nudo, scrivendo canzoni più dirette, intime e personali. E con “Occhi” ho fatto lo stesso, dedicando ai testi ancor più tempo, cura e dedizione.
Inoltre – grazie alle diverse esperienze fatte, ma anche alle conoscenze e alle competenze acquisite in questi anni – è cambiato anche il mio approccio. Mi sento molto cresciuto e decisamente più consapevole. Adesso so bene cosa desidero e cosa, invece, non voglio dalle mie canzoni.

Classe 1998, negli ultimi 4 anni ha collaborato con diverse emittenti radiofoniche. Di notte recensisce musica, di giorno ne parla con gli artisti. Nostalgica ed empatica, scrive spesso nei giorni di pioggia. La musica? Un ricordo senza origine che ha ribaltato ogni prospettiva.