HANNO UCCISO L’UOMO RAGNO – LA LEGGENDARIA STORIA DEGLI 883 è una serie di Sydney Sibilia (Smetto quando voglio, L’incredibile storia dell’Isola delle Rose, Mixed by Erry), alla regia della sua prima serie, ed è da lui scritta con Francesco Agostini, Chiara Laudani e Giorgio Nerone. Completano il team di regia Alice Filippi (Sul più bello, SIC) e Francesco Ebbasta (Addio fottuti musi verdi, Generazione 56k). La serie andrà tutti i venerdì in prima serata su Sky Serie (oltre a essere ovviamente disponibile on demand – anche in 4K HDR). Qui l’intervista a Sydney Sibilia e ai protagonisti.
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Hanno ucciso l’Uomo Ragno – la leggendaria storia degli 883, le note di regia
NOTE DI REGIA – Sydney Sibilia
Praticamente dal nulla, nel febbraio del 1992 esce un album di 7 canzoni, senza promozione, senza grandi annunci, di autori mai sentiti prima, che nel giro di due mesi conquista la vetta dei dischi più venduti in Italia e cambia la musica italiana per sempre. Fino a quel momento, nelle canzoni, i cantanti tendevano a ritrarsi come dei vincenti, belli e dannati, che spezzavano cuori e che al massimo soffrivano per amore. All’improvviso con il primo album degli 883 i cantanti diventano come il novanta percento dei ragazzi in Italia. Ragazzi normali, a volte un po’ nerd, che spesso vivono in provincia e che hanno grandi sogni che, però, tendenzialmente fanno fatica a realizzare.
Inconsapevolmente, oltre vent’anni fa, Max Pezzali e Mauro Repetto da Pavia, scrivono canzoni in cui tutti possono identificarsi, dando voce ad almeno tre generazioni. Quando abbiamo cominciato ad avvicinarci alla serie abbiamo capito fin da subito che il cuore della narrazione era tutto nei testi delle canzoni, tutto l’immaginario, la provincia, la voglia di riscatto e la paura di non farcela, era tutto già lì. E man mano che approfondivamo gli eventi ci rendevamo sempre più conto che la storia di quei due ragazzi in pratica era anche la nostra.
La serie Hanno Ucciso L’uomo Ragno racconta la storia di due compagni di banco, di due amici che sono amici come lo si può essere solo a quell’età, che, ribellandosi a un destino che sembra condannarli a una vita ordinaria, diventano due cantanti famosissimi.
Nonostante l’estrema fama, Max e Mauro non erano esattamente considerati due pop star e, anche se le canzoni erano cantate da tutta Italia, nessuno sapeva con precisione chi fossero gli 883. Troppo diversi rispetto a quello che c’era in giro per farli esibire dal vivo, non abbastanza fotogenici per fare copertine, non abbastanza televisivi per andare in tv. Solo con l’uscita del secondo album, i due si palesano, scalando di nuovo le classifiche, esibendosi finalmente dal vivo e vincendo il Festivalbar. Poi il duo si scioglie all’improvviso, senza spiegazioni, dando il via a un’incredibile quantità di ipotesi che, passando di bocca in bocca, (non c’erano né internet né i social) diventano quasi subito leggende metropolitane. Con questa serie proviamo a raccontarvi la loro storia leggendaria.
NOTE DI REGIA – Alice Filippi
“È una canzone che parla proprio di tutti, di tutti noi, perché è come se noi fossimo supereroi, il nostro superpotere sono i nostri sogni e non ci rinunceremo mai”.
Max – episodio 6
Sono nata nel 1982, gli 883 hanno segnato la mia adolescenza e grazie a questa serie sono tornati prepotentemente nella mia vita.
Attraverso il racconto di Max e Mauro abbiamo voluto non solo raccontare la nostra generazione degli anni ’90, ma anche i ragazzi di oggi. Perché questa è una storia che parla di tutti.
Una storia di amicizia, di sogni, di difficoltà, di illusioni, di non mollare mai ma crederci fino in fondo. Ci farà sorridere ma anche commuovere ed emozionare.
La scelta degli attori protagonisti è stata difficile, non eravamo alla ricerca di due sosia ma di giovani talenti in grado di rubare l’anima a Max e Mauro, di coglierne l’essenza. Elia Nuzzolo e Matteo Giuggioli sono stati un colpo di fulmine, perfetti nel ruolo e nella tecnica, insieme a loro abbiamo studiato ogni dettaglio, il modo di parlare, le espressioni, la gestualità, la camminata, sono stati straordinari e più andavamo avanti nelle riprese più mi sembrava di essere insieme ai veri Max e Mauro del passato.
Ma non possono esistere gli 883 senza le loro canzoni. E per questo compito la presenza di Ciro Caravano è stata fondamentale. Insieme a lui abbiamo imparato come si campionavano i suoni, com’era il processo di composizione delle canzoni e soprattutto ha fatto da coach ai ragazzi sia per la parte strumentale che vocale.
Condividere la regia con Sydney e Francesco, è stato stimolante e costruttivo. Ognuno di noi con la propria personalità ha dato il suo valore aggiunto alla serie. Insieme al direttore della fotografica Valerio Azzali abbiamo optato per girare con le lenti anamorfiche Cooke Xtal che hanno dato un look cinematografico alla serie.
Dirigere le mie tre puntate è stata per me una grande sfida perché sono episodi che raccontano momenti della storia molto diversi tra loro.
Nella terza puntata Max e Mauro devono affrontare l’incubo di ogni adolescente, l’esame di maturità, insieme però anche al loro primo esame musicale. La sfida è stata quella di dare ritmo a un racconto goliardico ricco di colpi di scena.
Il quarto è l’unico episodio diviso in più capitoli dove i nostri protagonisti prendono strade diverse per cercare di capire cosa vogliono veramente fare da grandi. È un momento molto delicato perché tira fuori i dubbi e le paure che tutti noi abbiamo avuto alla loro età. “Usciti dal liceo la gente si aspetta che uno sappia che cosa fare, che cosa gli piace. Ma ti pare che da un giorno all’altro uno deve scegliere cosa fare per il resto della propria vita?!”.
La sesta puntata è la nascita dell’uomo ragno, la puntata dei sogni che sembrano finiti, infranti senza ritorno. “Vi arrendete dopo la prima difficoltà?”, li spronerà Cisco. È così che troveranno ispirazione per la loro canzone mitica e capiscono che “il nostro superpotere sono i nostri sogni e non ci rinunceremo mai”.
NOTE DI REGIA – Francesco Ebbasta
Hanno ucciso l’uomo ragno non è “la serie degli 883”. Non è la serie per tutti quelli che come me sono cresciuti con le loro canzoni nei walkman, e che si emozioneranno a vederle suonare per la prima volta su schermo. No, non è la serie di Cisco, di non me la menare, la jolly blu, e nemmeno di “come mai”. O almeno, non è solo questo. Perché questa è prima di tutto una storia sulla provincia italiana, su come conoscere una persona giusta possa aiutarti a scoprire chi sei davvero, nonostante chi volessi essere – ci avresti giurato – lo sapevi già da bambino. E’ una storia sull’amicizia. Ma soprattutto su come dal posto in cui nasci forse non riuscirai a scapparci mai del tutto. E in qualche modo quel posto te lo porterai dentro per sempre, pure quando ti troverai a cantare davanti a cinquantamila persone. È una storia in cui si ride, molto, e ci si emoziona, molto. Dal quinto episodio in particolare, fino ad arrivare al gran finale, ho voluto sottolineare il passaggio all’età adulta dei due protagonisti: quella delle grandi responsabilità, che ti spingono a fare i conti con i propri sogni. La serie assume allora sfumature diverse in ogni suo capitolo, pur conservandone la sua cifra stilistica: epica nella messa in scena, montaggio e fotografia, e intima nel trattamento musicale. L’inserimento di materiali di repertorio originali, e intere sequenze girate con telecamere dell’epoca, regala una filigrana nostalgica ad una storia leggendaria, fatta di personaggi iconici entrati ormai a far parte del nostro immaginario. Come a sottolineare quanto tutto quello che succede a Max e Mauro, le loro cadute e i loro successi, possa succedere a chiunque. Perfino a te.
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