Marina Satti Grecia

Intervista a Marina Satti, rappresentante della Grecia all’Eurovision Song Contest 2024, che con il suo brano Zari ha tutta l’intenzione di puntare a un ottimo piazzamento.

Eurovision 2024, intervista a Marina Satti, rappresentante della Grecia

Parliamo della tua canzone, com’è nata?
“Zari” che significa ‘dadi’, parla di fortuna e destino. Tiriamo i dadi e… vediamo cosa viene dopo. È una canzone che amo molto perchè ha diversi tipi di vibrazioni, di costruzione. Ha influenze dalla tradizione greca, ma anche una combinazione del passato col presente. È per lo più una canzone ballabile, ho visto che al pubblico piace, e per me ha uno speciale significato vedere persone al di fuori della Grecia, che non parlano la lingua, ma la cantano, la ballano. Capisci la forza della musica, non hai bisogno di conoscere la lingua, percepisci l’energia delle persone, del beat, ti prende. E’ quello che spero per la nostra performance in semifinale giovedì. Spero vi piaccia.

Come vedi la scena musicale in Grecia?
E’ molto ricca, soprattutto i giovani sperimentano molto, puoi trovare cose molto diverse. Penso che presto si aprano molte possibilità per la musica greca per espatriare più di quanto non si faccia ora.

Cosa conosci della musica italiana?
Da dove posso cominciare? (Ride) La musica classica, ho studiato anche quella nella mia vita. Dopo essermi diplomata volevo diventare una cantante d’opera e quindi dovevo cantare “Oh mio babbino caro”, “Quando Men vo” e altre di queste bellissime canzoni ed arie. Sento la grande influenza che la vostra musica ha in tutto il mondo. E’ molto importante.

Qual è la tua opinione sull’uso dell’Intelligenza Artificiale nella musica?
Come tutte le nuove tecnologie, se è usata per aiutarci al meglio va bene, ma non credo sia qui per rimpiazzarci, non può rimpiazzare il pensiero umano, la sensibilità umana e il processo creativo. Onestamente parlando non ho mai sentito qualcosa creato con l’AI che può essere emozionante e toccante come il cuore, la mente e l’animo umano.

Foto di Sarah Louise Bennett – EBU