Alexia I feel feelings

Intervista ad Alexia che torna alla musica dance in lingua inglese con “I feel feelings(Garbo Dischi/Daylite Records)brano scritto dai Dragonette, la band canadese di musica elettronica e synthpop,  che, attraverso suoi album e i suoi singoli (tra cui “Hello,” in collaborazione con il DJ francese Martin Solveig), ha contribuito a consolidare la loro presenza nella scena della musica dance e pop internazionale, e  con la produzione di Paul Harris e Carl Ryden  con all’attivo diverse collaborazioni significative nel loro curriculum tra cui David Guetta, Tiesto e Kylie Minogue. 

Esce oggi anche il video, per la regia di Angelo Stamerra Grassi e prodotto da Mati srl (mati.network), accompagnato da una coreografia trascinante interpretata da una serie di ballerini eterogeni diretti da Thomas Signorelli, e ambientato nell’architettura geometrica e minimalista di Armani Silos. La scatola è il contenitore delle emozioni e richiama le geometrie Ledwall del foyer. 

L’elemento forte alla base del video è anche quello estetico, la capacità di mettere in comunicazione due cose apparentemente agli antipodi: da un lato il più alto e inaccessibile livello della moda, l’archivio delle collezioni Giorgio Armani Privé e, dall’altro, la musica POP che per sua stessa definizione è quella alla portata di tutti. 

Intervista ad Alexia

Ciao Alexia, bentornata!

Grazie, grazie mille! Sono davvero felice di essere qui e sono entusiasta di questo momento, soprattutto per i feedback positivi che sto ricevendo.

Dopo anni di carriera, torni al mondo della dance. Cosa significa per te questo ritorno?

Per me è un ritorno alle origini, ma non per nostalgia. È tornare a fare ciò che amo: cantare con energia e divertirmi insieme al pubblico. La musica dance è ormai universale e trasversale, e credo che il mio nuovo brano rifletta proprio queste caratteristiche.

Negli anni la dance si è trasformata e contaminata con altri generi. Come hai vissuto l’evoluzione della musica dance?

L’ho seguita sempre con interesse, cercando di capire cosa accadesse a noi cantanti, visto che oggi spesso il volto della dance è rappresentato dai DJ, mentre i cantanti a volte restano “senza nome.” Mi piacerebbe tornare a un’epoca in cui DJ e voci potenti fossero equamente riconosciuti.

Il tuo nuovo singolo “I Feel Feelings” è in inglese. Cosa rappresenta per te cantare in questa lingua?

Cantare in inglese mi permette di esprimere il mio lato più energico e dinamico. L’italiano ha le sue sfumature, ma con l’inglese riesco a sentirmi più “accesa” e spensierata, senza la pressione di interpretare testi troppo pesanti o malinconici.

Nel 2002 hai debuttato a Sanremo in italiano, mostrando comunque la tua energia. Come hai vissuto quell’esperienza?

Sanremo è stata un’occasione incredibile. Anche se cantavo in italiano, mi sentivo ancora me stessa, con tutta l’energia che mi ha sempre contraddistinta. Ho potuto esplorare toni diversi nel 2003, con una ballata più vicina al blues, e così ho sperimentato pur restando fedele a me stessa.

In “I Feel Feelings” collabori con produttori di rilievo come Polaris e Carl Ryden, oltre al contributo dei Dragonette. Come è nata questa collaborazione?

I produttori sono stati contattati dal mio team, e subito si è creata una grande intesa. Dopo aver ascoltato diverse tracce, abbiamo scelto insieme “I Feel Feelings” come singolo di lancio. È il brano perfetto per ricominciare in grande.

La canzone contiene il verso “Do you feel it too?”, un invito a sentire profondamente. Che messaggio vuoi trasmettere?

Quando cantavo negli anni ’90, non mi concentravo molto sui messaggi; ora, invece, sento l’esigenza di parlare al pubblico in modo più consapevole. “Do you feel it too?” è un invito a esprimere liberamente le emozioni, a non avere paura di mostrarsi vulnerabili, soprattutto per i giovani che spesso vivono emozioni nuove come tsunami emotivi.

Pensi che oggi la dance abbia un messaggio più forte rispetto al passato?

Assolutamente. Prendiamo, ad esempio, “Don’t You Worry Child” degli Swedish House Mafia, che ha un testo molto profondo. È positivo vedere che la dance ora porta anche messaggi significativi e non solo musica per divertirsi.

Hai avuto la possibilità di esibirti al Tomorrowland. Cosa hai provato su quel palco?

È stata un’emozione incredibile! Mi è sembrato di tornare indietro nel tempo, anche se il contesto è cambiato molto. Vedermi lì, tra i grandi nomi della musica dance, e sentire il supporto del pubblico italiano è stato emozionante.

Oggi gli artisti pretendono di cantare dal vivo e di esibirsi in modo più autentico. Come vivi questo cambiamento rispetto agli anni ‘90?

Sono d’accordo, cantare dal vivo aggiunge umanità a una performance. La musica oggi è spesso troppo perfetta, ma un errore in una canzone dal vivo può rendere l’artista più reale e vicino al pubblico.

Infine, le discoteche non sono più quelle di una volta. Qual è secondo te il luogo ideale per ascoltare la dance oggi?

È una domanda difficile. I festival sono ottimi per vivere la dance, ma l’atmosfera delle discoteche anni ‘90 è difficile da ritrovare. Era un momento di aggregazione incredibile; oggi forse la musica dance si ascolta in palestra o nei nostri device, ma manca quello spirito di festa collettiva.

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