Enrico Melozzi, musicista e direttore d’orchestra, in un’intervista parla dei Maneskin, del Festival di Sanremo, ma non solo, svelando anche qualche dettaglio inedito.
L’artista sta lavorando alacremente a La Notte dei Serpenti, il grande evento al quale parteciperanno anche Giusy Ferreri e Gianluca Grignani, che avrà luogo allo Stadio di Pescara il prossimo 29 luglio.
“Sto facendo cose sacrileghe per questo progetto, aggiungendo pure delle strofe inediti ai brani popolari, rendendoli più attuali. Il loggionismo è la morte di tutto. Quando nel 2021 ho fatto il maestro concertatore della Notte della Taranta ho scoperto che esistono anche i puristi della tradizione. Immagino che usciranno fuori anche quelli della tradizione abruzzese. Pazienza: io mi sto divertendo come un pazzo.”
Queste le parole riportate da Rockol. Enrico Melozzi ha diretto l’orchestra nel 2019 per Achille Lauro, durante la prima partecipazione al Festival di Sanremo.
“Il vero segreto per fare questo lavoro è conoscere tutti i linguaggi. Io da ragazzino spaziavo da Jovanotti agli Iron Maiden, da Mozart e Bach a Harry Belafonte, da Scarlatti ai Platters. Quando conosci più cose, hai più chiavi di accesso e riesci ad aprire più porte. […] C’è un muro che divide i musicisti classici da quelli pop. Quelli classici conoscono solo la musica classica: sono enciclopedici. Però poi si perdono sull’armonia: non sanno niente. I musicisti migliori che abbiamo in Italia sono quelli del campo pop, che non conoscono per niente il linguaggio classico, ma conoscono e padroneggiano l’armonia.”
Melozzi parla del Festival di Sanremo, al quale ha partecipato per la prima volta nel 2012 dirigendo Noemi.
“Non ho mai schifato quella kermesse. Nell’ambiente c’è pure chi dice che è robetta. La verità è che non sanno neppure mettere una nota su uno spartito. Arrangiare un brano per Sanremo è un lavoro che richiede serietà.”
Uno dei progetti più apprezzati è l’arrangiamento orchestrale di Zitti e Buoni dei Maneskin.
“Lo composi in una nottata, dopo aver scritto una sinfonia e un concerto per chitarra e orchestra. Ero ispirato. Partii dalla linea di basso e poi passai agli archi. Puoi fare una cosa del genere solo quando vieni da trent’anni di ascolto compulsivo dei dischi dei Nirvana, dei Metallica o degli Iron Maiden. La prima volta che ascoltai il brano, il finale mi fece venire in mente ‘Be quick or be dead’”
Enrico Melozzi prosegue parlando dei Maneskin.
“La percezione comune che si ha della musica della band è falsata dalla loro immagine, dall’iper esposizione. A me non sembra rock annacquato, il loro. Usano un linguaggio nato alla fine degli Anni ’50, che gli piace. E lo rielaborano a modo loro, mettendoci dentro i loro contenuti e veicolando i loro messaggi.”
Infine un parallelismo tra i Maneskin e Achille Lauro.
“Avevano lo stesso team di lavoro e lo stesso produttore, Fabrizio Ferraguzzo. ‘1969’ rimane un disco incredibile, fortissimo. Però poi Lauro ha deciso di cambiare tutto, mentre Damiano e soci hanno proseguito con Ferraguzzo.”
Booking.comSpeaker radiofonico, musicista e collaboratore di diverse testate nazionali e internazionali. Segue come inviato il Festival di Sanremo dal 1999 e l’Eurovision Song Contest dal 2014 oltre a numerose altre manifestazioni musicali. In vent’anni ha realizzato oltre 8.000 interviste con personaggi del mondo della musica, dello sport e dello spettacolo. Nel 2020 ha pubblicato il romanzo “La Festa di Don Martello” e nel 2022 “Galeotto fu il chinotto” e “Al primo colpo non cade la quercia”.